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PETER PAN, di P.

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TORNA Peter Pan. Fatto applaudire giusto cent'anni fa in teatro a Londra dal suo creatore, J. M. Barrie, che già due anni prima gli aveva dedicato un libro per bambini. Finito al cinema fin dai tempi del muto (regia di Herbert Brenon), arrivato alla celebrità grazie a un disegno animato di Walt Disney nel '53 e diventato per Spielberg nel '91 («Hook-Capitan Uncino») non più il bambino che non voleva crescere ma un quarantenne costretto a tornare nella famosa Isola Che Non C'è per riprendersi i due figli rapiti da Capitan Uncino, sempre malvagio. Oggi, ad opera di P. J. Hogan, di cui si ricorderà «Il matrimonio del mio migliore amico», si torna al Peter Pan delle origini, quasi alla lettera. Siamo perciò, agli inizi, nella Londra edoardiana. Peter Pan arriva volando in casa dei Darling e porta con sé la piccola Wendy e i suoi due fratellini insegnando loro come vivere nelle giungle della sua isola insieme con altri bambini approdati lì dopo che, senza che i genitori se ne accorgessero, erano caduti dalle loro culle. A guastar la festa, però, c'è sempre Capitan Uncino che odia Peter Pan perché ha fatto finire la sua mano in bocca a un coccodrillo che continua a inseguirlo e ricomincia la lunga guerra tra i due, prima con il tradimento della piccola fata gelosa Campanellino (la Tinker Bell dell'originale), poi, con il suo aiuto. Fino al momento in cui Peter Pan, sconfitto Capitan Uncino, accetterà di crescere perché si innamorerà di Wendy. Non è più il disegno animato di Disney, ma il digitale lo sostituisce appieno. Tutto, così, è colore, fantasia, giochi magici, effetti visivi prodighi di invenzioni continue. Un bell'uovo di Pasqua, insomma, per i più piccoli. G. L. R.

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