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di TIMISOARA PINTO IL VECCHIO "slowhand" non demorde.

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Una devozione sconfinata nei confronti del blues e di uno dei suoi carismatici personaggi: Robert Johnson. Il tributo di Clapton alla leggenda nero-americana degli anni Trenta parte addirittura dalla copertina. «Me and Mr Johnson» presenta il cinquantanovenne chitarrista inglese in completo nero e cravatta a righe in evidente simbiosi con il suo maestro, ritratto allo stesso modo sullo sfondo in una delle sue rarissime fotografie. Di gesti dovuti di questo tipo nei confronti della musica che ha segnato la sua vita, Eric Clapton ne ha compiuti tanti, a cominciare da «Riding with the king» del 2000 realizzato con B.B. King, suo altro grande riferimento stilistico. Ma a differenza di quel disco, che presentava un Clapton defilato pur di mettere in evidenza la vitalità dell'anziano bluesman di Memphis, nel nuovo lavoro prevale un rigore storico-filologico di maggiore profondità. La figura di Robert Johnson si staglia gigantesca fra le pur pittoresche leggende della musica afroamericana. Orfano, bambino prodigio, allievo del patrigno e donnaiolo rissoso, Johnson (scomparso prematuramente nel 1938) ha lasciato un retaggio musicale di notevole spessore. «Quando ho ascoltato per la prima volta la sua musica - ha affermato Clapton - era come se cantasse solo per se stesso e, a volte, forse per Dio. All'inizio mi atterriva per la sua intensità, ma ora, dopo tutti questi anni, la sua musica è come il mio più vecchio amico, sempre in testa e all'orizzonte. È la più bella musica che io abbia mai sentito. Confido nella sua purezza e sempre lo farò». Una scelta discografica che sembra mostrare il mood nostalgico vissuto in questo momento dal chitarrista ed iniziato la scorsa estate in occasione del concerto per i settant'anni di John Mayall (nel '65 Clapton abbandonò i più remunerativi Yardbirds per tuffarsi anima e corpo nei Bluesbreakers di Mayall). Un ristretto ma selezionatissimo numero di musicisti accompagna Clapton a cominciare dalla solidissima sezione ritmica composta da Nathan East al basso e Steve Gadd alla batteria (in un brano sostituito da Jim Keltner, storico collaboratore dei Rolling Stones). Per non parlare della presenza al piano e all'organo Hammond di Billy Preston con la cui presenza Clapton vuole silenziosamente rendere omaggio al suo grande amico George Harrison. Ed è proprio un elemento di spiritualità che sembra pervadere l'intero album e tutto lo stile di vita di Clapton, decisamente meno vertiginoso che in passato e che, pochi giorni fa, ha messo all'asta 56 chitarre per beneficenza.

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