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«QUELLO che è successo in Grecia era più che prevedibile.

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Ma sono molto confuso, come tutti oggi». Theo Angelopulos, compagno duro e puro, il giorno dopo le elezioni nell'Ellade. Smarrito, deluso. Manca poco che, alla Nanni Moretti, apostrofi Papandreou & C. con un desolato: «Dite qualcosa di sinistra...». Il problema, ha messo il dito nella piaga Angelopoulos, ieri a Roma per presentare «La sorgente del fiume», film in concorso a Berlino, «è che la sinistra non ha più la capacità di affrontare un nuovo discorso sull'avvenire del mondo. La gente perde fiducia perché al governo non ci sono politici veri ma manager e non vota più in maniera coscienziosa ma per reazione». Usa toni apocalittici, Angelopulos. La «tragedia», come la definisce, sarà probabilmente al centro dell'ultimo episodio della trilogia avviata con «La sorgente del fiume». «Il Comunismo era speranza e la gente credeva ancora in un futuro», scuote la testa. Chissà che non sia l'ora anche per lui dei girotondi. (L. L.)

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