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di GIAN LUIGI RONDI BIG FISH, di Tim Burton, con Ewan McGregor, Albert Finney, Jessica ...

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NON è «Batman», non è «Edward mani di forbice» e non è nemmeno «Mars Attacks!», ma è pur sempre un'avventura colorata in cui Tim Burton ha modo di dispiegare il suo gusto per il fantastico. Lo spunto, un romanzo il cui protagonista ha l'abitudine di immaginarsi una vita costellata di vicende quasi incredibili dove, come nelle fiabe, gli si fanno attorno giganti, streghe, lupi e gente pittoresca dei circhi. Con un figlio che, al suo opposto, ha sempre i piedi ben piantati sulla terra e non accetta nessuna delle mirabolanti bugie cui il padre in ogni circostanza si abbandona. Fino a quando non arriverà il momento della verità, con il padre morente e il figlio al suo capezzale per distinguere, una buona volta, quanto, nella vita dell'altro, era stato inventato e quanto, invece, era stato vissuto. Con una conclusione in cui la realtà e i sogni si rimescoleranno tra loro in un fantasmagorico finale che, sia per i circhi sia per il ritorno in scena di tutti i personaggi visti prima cita scopertamente Fellini. Anche in altri passaggi del film si pensa un po' a Fellini, specie quando le avventure si colorano di magia, Tim Burton, però, vi mette di suo quegli accenti di favola che da sempre predilige giocando qui, più del solito, sull'ambivalenza fra l'immaginato e il reale. Forse, nel rapporto padre-figlio accetta toni sentimentali che tendono troppo alla commozione, nel resto, però, lascia sbrigliare sempre la sua fantasia, spesso anche con umorismi maliziosi. Gli interpreti gli corrispondono: il protagonista da giovane è Ewan McGregor, da anziano è Albert Finney. La donna che ha sempre amato e poi sposato è Jessica Lange, Helena Bonham Carter fa la strega, truccata e invecchiata, e attorno si incontrano anche Steve Buscemi e Danny DeVito: fra la caricatura e la beffa.

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