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Claudio Baglioni, un crescendo rossiniano

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«Spero che il Sanremo di Tony Renis abbia successo. La Tv può aiutare molto la musica»

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Claudio Baglioni forte del successo del suo album «Sono io l'uomo della storia accanto» e di un legame ancora più saldo con un pubblico che appare poco interessato alle problematiche politiche del momento e assai più alla sua musica, appare lucido e determinato, contento di calarsi un una realtà, come quella rappresentata dal suo nuovo, impegnativo tour, «Crescendo» che fa tappa nella capitale il 26, 27 e 28 (data aggiunta per le grandi richieste di biglietti) e che lo porta vicino alla musica e lontano dalle parole. Non saranno soltanto canzoni, tanto per cambiare, ma come ormai Baglioni ci ha abituato lo show sarà l'occasione per sperimentare tecnologie e contenuti narrativi nuovi. Tra l'altro in questa occasione sul palco si alterneranno dei nuovi musicisti («è stata una separazione consensuale dal mio vecchio staff», l'ha definita lo stesso Baglioni ndr) e durante lo show sul palco saliranno alcuni dei componenti della grande famiglia di «Crescendo», compresi truccatori e sarte... «Sono molto felice - spiega Baglioni - Anche se non manco molto da Roma. L'ultima esibizione è stata quella del luglio scorso allo stadio Olimpico, che ha registrato oltre 80.000 presenze. E poi il concerto nella capitale ha una variante diabolica: invece di rassicurarmi riesce a mettermi in agitazione». Come sarà questo nuovo spettacolo «"Crescendo" è la storia di questi 35 anni di musica, il luogo incantato nel quale abitano le note e le parole raccolte lungo la strada e cucite insieme, con l'ambizione di regalare un pensiero, un'emozione, un piccolo sogno. Il senso di questo progetto è racchiuso in un palco decisamente particolare, che è, allo stesso tempo, simbolo e teatro di questa storia: dall'energia disordinata e graffiante di una "cantina", in cui rivive il sapore forte degli esordi; al "soggiorno" della maturità, dove si sviluppa il lento lavoro di riflessione e costruzione delle atmosfere; dalla "terrazza" da cui si va incontro al tempo che viene, tra la tensione e i brividi che accompagnano ogni vigilia, sino all'adrenalina pura dello show vero e proprio, che decolla nel momento nel quale la casa di "Crescendo" si trasforma definitivamente in palco». Quanto durerà lo spettacolo? «Circa tre ore. Capisco che non è poco, però mi sembra ci sia gente che aspetta una cosa del genere da mesi. Vedo questo concerto un po' come quest'ultimo album, nel senso che io vorrei raccontare il più possibile e chiaramente quello che ho fatto finora, quindi serve un po' di tempo, perché faccio questo mestiere da parecchio». Parla dei suoi 35 anni di carriera? «A parte i primi cinque anni vissuti cercando di ottenere successo, da un certo punto in poi la mia carriera è scandita da decenni che in maniera compatta traducono le mie scelte. Gli anni '70, per esempio, sono caratterizzati da temi post adolescenziali; negli anni '80 c'è la possibilità attraverso "Strada facendo" e "La vita adesso" di raccontare una vita oggettiva, che sta sotto gli occhi di tutti; negli anni '90 ci sono tre dischi molto complessi e molto architettati, tutti e tre di ricerca. Ora mi sembrava arrivato il momento di ricominciare da me». Tra pochi giorni inizierà il Festival di Sanremo. Secondo lei la nuova formula della kermesse studiata da Tony Renis avrà successo? «Me lo auguro. So che Tony Renis ha avuto molte "pressioni" nella scelta dei partecipanti, ma che non si è lasciato assolutamente influenzare». Quale potrebbe essere una soluzione per rilanciare la musica «La mia convinsione è che la televisione debba valorizzarla di più. Senza inseguire ad ogni costo l'auditel. E le radio dovrebbero essere meno omologate e diversificarsi».

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