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di CARLO ROSATI SONO 44 anni che Ferruccio Soleri si presenta con la maschera dell'«Arlecchino, ...

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Come è questo «Arlecchino» di Goldoni con il quale è stata inaugurata la celebre sala di Via Rovello nel lontano 1947. Passato dal mondo della commedia dell'arte ai nostri giorni, l'«Arlecchino» simboleggia la maschera più viva del nostro teatro, nella quale il genio del primo Goldoni ha lasciato tutta l'essenza dell'"arte all'improvvisa" e dal quale Giorgio Strehler ha allestito uno spettacolo-simbolo del Piccolo Teatro, conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo, come i suoi due grandissimi interpreti: Mario Moretti e Ferruccio Soleri. Con l'«Arlecchino» Giorgio Strehler sembrava ribadire quei propositi stilati, insieme a Paolo Grassi, nel manifesto della nascita del Piccolo, in cui si affermava di «voler offrire spettacoli di alto livello artistico a prezzi quanto più possibile ridotti. Non teatro sperimentale e neppure teatro d'eccezione, ma teatro d'arte per tutti». E l'«Arlecchino» seguita a garantire questi propositi. Il suo primo interprete fu Marcello Moretti, un attore veneziano scomparso nel '61, che con la maschera goldoniana ebbe un rapporto "doloroso", tra adesione e rifiuto, tanto che lo stesso Strehler dichiarò che sembrava che Moretti non amasse Arlecchino: «Sentiva questa maschera come una crudele limitazione alle sue possibilità di esprimersi in altre direzioni». Ferruccio Soleri indossa la maschera da più di 40 anni e si è mostrato sempre entusiasta di Arlecchino che porterà anche al Valle di Roma dal 30 marzo. Ha imparato il ruolo spiando Moretti dietro le quinte, e della maschera ormai conosce ogni piega, qualsiasi espressione. «L'interprete di Arlecchino - afferma - deve avere innanzi tutto un gran senso del ritmo e una notevole vis comica, in quanto ogni parola è legata al gesto. Bisogna adattare movimenti e suoni, gesti e voce a questa esigenza ritmica». Uno spettacolo che ricorda una leggenda, quella dei suoi interpreti e del suo regista: Giorgio Strehler.

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