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Montecassino Ecco come andò davvero

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che i paracadutisti erano attestati tra quelle mura; che cingolati e semoventi erano stati visti nel sacro recinto. Per il generale neozelandese Bernard Freyberg, l'abbazia era il perno della difesa tedesca e andava distrutta. E poi, i soldati, levando lo sguardo dalle loro insanguinate posizioni, erano intimiditi da quella possente mole, certamente trasformata in fortezza e osservatorio dalle truppe germaniche, che presidiavano quel tratto importante della Linea Gustav. Non era vero niente. Non mancò l'aspetto grottesco. Un ufficiale americano del servizio informazioni intercettò una conversazione in tedesco: «Dov'è l'abt? È ancora nel monastero?». Abt significa abate, ma al femminile è anche l'abbreviazione di abteilung, reparto, plotone: l'ufficiale equivocò e segnalò la presenza di militari tedeschi nello storico edificio. Per la storia, il vescovo abate di Montecassino, Gregorio Diamare, senza alcuna imposizione o pressione, dichiarò per iscritto: «Attesto per la verità che nel recinto di questo sacro monastero di Montecassino non vi sono stati mai soldati tedeschi. Vi furono soltanto per un certo tempo tre gendarmi al solo scopo di far rispettare la zona neutrale, che si era stabilita intorno al monastero; ma questi da circa venti giorni furono ritirati». Sempre per la storia, la dichiarazione dell'abate — che confermò tutto in una conferenza radiofonica — reca la data del 15 febbraio 1944. Alle 9.20 di quel giorno — sotto un terso cielo invernale — 142 bombardieri pesanti e 112 medi, rovesciarono un diluvio di bombe sull'Abbazia: gli attacchi aerei furono rinnovati; accompagnati da un violento fuoco delle artiglierie. Per fortuna, i più importanti cimeli bibliografici e l'archivio al completo erano stati posti in salvo, con automezzi forniti dal comando tedesco. Freyberg, che comandava uomini venuti dall'altro capo del mondo, assistette imperterito a quello scempio, da lui fortemente auspicato; il generale inglese Harold Alexander fu perfino sprezzante: «mattoni e calce, per venerabili che siano, non possono valere vite umane». Qualcuno, con intenzione, notò che Freyberg, protestante, non aveva nessun motivo per rispettare la secolare costruzione benedettina. Le conseguenze, sul terreno, furono peraltro tragiche. Venuta a mancare la remora di occupare una abbazia di immenso valore storico-religioso, i tedeschi si sistemarono a difesa tra le rovine. L'attacco lanciato dalla Seconda Divisione Neozelandese e dalla Quarta Divisione anglo-indiana fallì, con gravi perdite. La linea «Gustav» resse all'urto, fino alla primavera avanzata del 1944. Nel dopoguerra, Alexander, feldmaresciallo, visconte di Tunisi, nel 1943-45 comandante di tutte le forze alleate nel Mediterraneo, visitò i cimiteri di guerra nella zona di Montecassino e anche l'abbazia, ricostruita. La sua insistente domanda: «Ma è proprio vero che non c'erano soldati tedeschi nell'abbazia?», finì per provocare una risentita risposta da parte dei padri benedettini. Sul portale dell'abbazia, sono effigiati anche coloro che, nei secoli, distrussero o saccheggiarono il Monastero; dai longobardi, ai saraceni alle soldataglie napoleoniche: vi figurano anche i caratteristici elmetti "a padella" delle truppe inglesi e del Commonwealth.

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