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Dalla fredda Svezia sembra rifiorire Posillipo La versione originaria del melodramma verdiano vietata dalla censura borbonica e papalina

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E vi approdò sul libretto di Antonio Somma, riproponendo un rifacimento del Gustavo III di Scribe messo in musica in stile grandoperistico da Auber e poi, in Italia, anche da Mercadante. Come è noto Verdi ed il suo librettista furono costretti dalla censura borbonica e dal contemporaneo attentato anarchico a Napoleone III, a trasportare la vicenda ancora alquanto recente (1792) della morte del re svedese ad opera di una congiura di palazzo in quella di un lontano (seicentesco) governatore di Boston. Il dramma aveva tutti gli ingredienti del perfetto dramma romantico ed approdò nel 1859 ma al Teatro Apollo di Roma alla sua stesura definitiva. Ora il Teatro San Carlo, primo committente dell'opera, ritorna sul sul glorioso passato riproponendo nella ricostruzione ed integrazione musicale di uno specialista come Philip Gossett, la versione originale del dramma (il progetto napoletano che per tre quarti diventerà il Ballo in maschera) in prima esecuzione moderna. Sia pur in una collocazione quasi extratemporale, la Svezia di questo curioso répéchage assomiglia molto alla Napoli agonizzante di Re Ferdinando di lì a poco spazzata via dalla carica dei Mille picciotti con la camicia rossa. Un clima di rassegnata predestinazione aleggia tra gli ambienti dorati di corte, baroccamente disegnati dalle scenografie di Nicola Rubertelli e sinistramente segnati da presagi di morte. Un'ambientazione stilizzatamente partenopea (Palazzo reale, il Cristo morto) scenograficamente dinamicizzato da scale scoscese con due opposti manierismi: quello della ostentazione del potere e quello egualitario della morte incombente, palpabile anche nelle danze finali di Micha van Hoecke. Dirigeva con entusiasmo Ruggero Palumbo, ordinaria la regia di Ruggero Cappuccio, si facevano apprezzare le voci di Larissa Diadkova (Ulrica), Paola Cigna (il paggio Oscar)e del bulgaro Vladimir Stoyanov (Ankastrom), talora oltre le righe la Amelia di Elisabeta Matos e il Gustavo III a tratti verista di Carlo Ventre.

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