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Andrè, DB Boulevard, Linda, Danny Losito, Piotta alcuni dei nomi a sorpresa. Mingardi il veterano

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Gran parte dei ventidue cantanti ammessi alla gara di marzo sono poco noti, in alcuni casi del tutto sconosciuti e comunque fuori dal circo sanremese. Nessun vincitore o plurivincitore delle edizioni passate, per nulla rappresentati gli anni Sessanta e Settanta (una costante degli altri anni), assenti i nazional-popolari. Nomi noti possono definirsi solo Adriano Pappalardo, Marco Masini e Andrea Mingardi, accumunati da grandi sofferenze discografiche. Masini, dopo un lungo tunnel personale e artistico, ha da poco pubblicato l'album «Il mio cammino»; Mingardi e Pappalardo non vendono un disco da anni, anche se il secondo ha beneficiato di un'improvvisa popolarità televisiva che a Sanremo potrebbe rivelarsi addirittura controproducente. Difficile capire se Renis e i suoi abbiano effettivamente optato per una scelta editoriale o se, a conti fatti, vista la disaffezione di molti cantanti e il niet dei discografici, questo sia il miglior cast a portata di mano. Non c'è traccia delle possibili accoppiate ventilate soltanto qualche giorno fa: Al Bano e Mirelle Mathieu, Paolo Belli e Earth, Wind & Fire, Gianni Bella e Toquinho, Amedeo Minghi e Dionne Warwick. Arduo sostenere che nel cambio a guadagnare sia stato il prestigio del festival, rischioso prevedere come reagirà il pubblico del grande bacino televisivo alle esibizioni di Andrè, DB Boulevard, Linda, Danny Losito, Stefano Picchi, Mario Rosini, Simone e Veruska, cantanti che in una qualsiasi edizione del passato avrebbero avuto dei seri problemi ad esser accettati fra le nuove proposte. L'impressione è che il lavoro di selezione sia stato tutto in salita e che comunque nella coraggiosa proposta di un cast poco sanremese sia implicito un tasso di rischio molto elevato, soprattutto in una manifestazione che oltre ad esser passerella dovrebbe anche difendere il blasone. L'assenza totale del classico cast sanremese toglierà al pubblico (e alla stampa) quel truce ma anche ironico gioco al massacro che comunque costituiva uno dei poli attenzione della rassegna. Per non parlare di look e gossip, temi del tutto svuotati ma cari a quel folto pubblico in cerca di ribalderie tv. Certo, argomenti del genere diventano retorici davanti alla bontà delle canzoni. Ma il punto è se ci sarà questa bontà? La direzione artistica assicura di sì. Dunque, si parlerà di giovani quest'anno a Sanremo, anche se Bungaro, Mario Venuti, Pacifico e Massimo Modugno sono già quarantenni e in alcuni casi alla terza o quarta reincarnazione artistica. Tony Renis dovrà lavorare molto sul cast straniero, se davvero vorrà incuriosire il pubblico dei giovani o di quei pochi che ancora acquistano dischi. Un parco stranieri che sembrava l'autentica sicurezza della rassegna e che invece sembra tutto da costruire. In gara c'è soltanto Morris Albert, quello di «Feelings», addirittura inattivo da quindici anni. La vera lotteria sarà sulle canzoni, sull'originalità delle proposte, sullo spiazzamento di quel pubblico un po' dormiente che è alla base della ultra cinquantennale storia della rassegna. Se Tony Renis riuscirà a dimostrare che è possibile allestire un valido Festival di Sanremo anche senza il supporto delle case discografiche e di grossi nomi, puntando tutto sulle canzoni (ne potrebbero bastare anche due o tre buone per salvare la baracca) avrà vinto la sua battaglia, in barba alle aspre critiche (artistiche e personali) che si sono abbattute sulla sua persona; se così non fosse Sanremo sarebbe di nuovo da rifondare, come è già accaduto in passato.

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