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Pronti a volare con la Fenice

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Sono giorni, e sono notti, che monta l'attesa per la riapertura della Fenice in questa città che genera sí tanti eventi da farne una quotidianità un po' triste e brumosa. Anzi: gli eventi si son rosicchiata e mangiata Venezia: come trasformata in una bottiglia di champagne unica al mondo ma vuota di vino se non del suo «perlage». Ecco perché non è piú una città ma un crepuscolare fantasma, ovviamente atto a beneficare gli amori nuziali, popolari e borghesi: od incendiarî: se ancora n'avvampano. L'amore s'accoppia solo con le illusioni, di cui s'ergono qui l'opificio ed il mausoleo in uno. La meta, stasera, in Campo San Fantin, controllato a vista da splendide torme di pompieri e dal mondo tutto grazie a televisioni, eserciti di cronisti, inviati specialissimi, critici musicali, musicologi, musicomani, troupes cinematografiche, e persino Bruno Vespa sulla rete-principe della Televisione di Stato: a ragguagliarci da par suo. E circa mille baciati dalla fortuna su la bocca che ascenderanno la scalea del Teatro risorto dalle ceneri, non a caso La Fenice. Primo il Presidente Ciampi, e dal vertice europeo Prodi, e sette ministri nostrani, e trenta parlamentari, e ambasciatori d'Usa, Gb ed Australia, ed una cascata di vip e snob in smoking, in lungo, in butirrosi décolletés inghirlandati, che a snocciolarli tutti ci si prosciugherebbe l'inchiostro. Nel Teatro piú bello del mondo, ora rinnovato nell'abbacinante orgia di stucchi, cristalli, velluti, dipinti, fregî, agnoli, profumi e balocchi, Riccardo Muti stasera attaccherà commosso coll'Inno patrio e nel crescendo dell'ebbrezza cosmopolita procederà con Stravinskij, Caldara e Wagner; e magari il bis, e un tris, essendo dato a priori un trionfo inscritto a lettere di platino negli annali arcani d'una laguna melanconiosa. Amen.

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