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di PAOLO CALCAGNO COURMAYEUR — Il "comunista che mangiava i bambini" e le faide barbariche ...

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«Evilenko» è il titolo del film del giornalista e scrittore David Grieco dedicato al "mostro di Rostov", un ex insegnante di scuola elementare, condannato a morte in Russia nel 1992 per aver violentato, divorato e ucciso 53 bambini. A dare volto e personalità a quest'incredibile protagonista della degradazione umana (Cikatilo era il suo vero nome) è uno straordinario Malcom Mc Dowell, tornato a personificare il male assoluto dopo «Arancia meccanica» di Kubrick. Sia il film di Grieco, sia più esplicitamente il back-stage di Luigi Gabbioneta, in programmazione su Sky Cinema Max, insistono tenacemente nel legare al comunismo ante-glasnost il fenomeno di Cikatilo, orfano di un "nemico del popolo" fatto trucidare da Stalin, cresciuto nelle scuole-modello del regime Ccpp, criminale, a sua volta padre di criminale: suo figlio fu condannato per aver ammazzato e mangiato 22 persone. Il documentario di Gabbioneta non lo mostra, ma Grieco, che seguì il processo al "divoratore di bambini", giura che Cikatilo avesse cantato in tribunale l'Internazionale mentre gli veniva letta la condanna a morte, rafforzando così l'ammuffito cliché del "comunista che mangiava i bambini", titolo peraltro del fortunato romanzo di David Grieco, ora divenuto un film da non perdere. Contro un altro cliché, quello dei partigiani duri e puri, si scaglia in alcune sequenze il film di Lucio Gaudino «Segui le ombre», quando mostra un manipolo di "resistenti", prepotenti e sanguinari, i quali non si accontentano di eliminare quella carogna del podestà fascista del paesino, ma ne bruciano la casa, ne terrorizzano la famiglia e fanno scempio barbarico del suo corpo. Gaudino afferma di essersi rifatto a testi storici che documentano come, specie al Sud, la fuga dei tedeschi avesse consentito a bande di predoni, spesso spacciatesi per partigiani, di scorazzare e di vendicarsi brutalmente e liberamente. Comunque, l'episodio è uno dei tanti orrori di una sorta di maledetto album di famiglia che il film di Gaudino sfoglia con ritmo dolente, ma talora dispersivo, per ripercorrere le "ombre" di un clan meridionale che dietro le quinte della guerra fa sparire chiunque ne intralci potere e prosperità. Infine, a Giancarlo De Cataldo per il suo «Romanzo criminale» (Einaudi) è andato l'ambito Premio Giorgio Scerbanenco 2003.

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