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di FAUSTO GIANFRANCESCHI IN quest'epoca di tramonto delle ideologie, anche l'evoluzionismo ...

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Ma come al solito in Italia siamo arretrati e ancora ideologicamente condizionati. Di recente «Il Riformista» ha messo sotto accusa «Il Domenicale» per un'inchiesta in prima pagina contro il darwinismo, presentandola come esempio di cultura di destra superficiale e disinformata. Qui la destra e la sinistra non c'entrano, ovvero c'entrano se si ammette che settori importanti della scienza sono influenzati dal politicamente corretto, ovvero tendono a fare filosofia in un cupo orizzonte materialista. D'altronde superficiali e disinformati sono i commercianti italiani, perché in altre aree culturali molti pensatori, scienziati e studiosi si stanno rivoltando contro il pensiero unico basato su due cardini: tutti i fenomeni evolutivi sono avvenuti per caso, e l'uomo non è altro che una scimmia evoluta, la cui anima è un'invenzione mitico-religiosa. Di questo movimento di opposizione internazionale, che si sta ingrossando, arrivano alcuni riflessi anche nell'editoria italiana. In un libro di Luc Ferry e Jean-Didier Vincent, «Che cos'è l'uomo? Sui fondamenti della biologia e della filosofia» (Garzanti), il filosofo Luc Ferry sostiene con vigore che l'uomo ha un'essenza speciale, unica, nel mondo dei viventi. Farlo derivare casualmente da una antica famiglia di primati, è una forma di superstizione scientista e riduzionista, perché non si può definire l'uomo soltanto sulla base della sua biologia. Un altro libro molto interessante è «Il principio antropico» di John Barrow e Frank Tipler (Adelphi), dove si afferma che l'intero creato si basa su leggi naturali che hanno permesso alla fine la comparsa dell'uomo, mentre se queste leggi fossero state minimamente diverse tutto sarebbe precipitato nel nulla. Dunque noi saremmo il fine dell'universo, altro che scimmioni evoluti! Sono evidenti le implicazioni spirituali e religiose di questa visione, che è sostenuta da osservazioni e calcoli precisi. D'altronde un antropologo italiano, Fiorenzo Facchini, insignito dall'Accademia dei Lincei del Premio internazionale per l'antropologia, intervistato da Armando Torno per il «Corriere della Sera», non esita a denunciare l'errore di far dire alla scienza quello che non può dire perché esorbita dal suo campo empirico (negare la creazione, l'esistenza di Dio e dell'anima), mentre a ben leggere il fenomeno evolutivo entro un disegno di Dio, «le luci sono più delle ombre». Infine è recentissima la pubblicazione di un saggio, molto utile, dello studioso francese Daniel Raffard de Brienne. «Per finirla con l'evoluzionismo. Delucidazioni su un mito inconsistente» (Il Minotauro). Dico che è molto utile perché costituisce un esauriente compendio di tutti gli errori, le contraddizioni, le impossibilità, e anche gli imbrogli, dell'evoluzionismo globale. I concetti generali dell'autore sono che, di fronte alle difficoltà, l'evoluzionismo proceda per salti metafisici, e che la teoria darwiniana si sia illegittimamente, antiscientificamente, confusa con il mito del progresso. Addirittura, nella lotteria del caso su cui sarebbe sorta la vita, c'è un assurdo matematico perché le soglie di possibilità numeriche sono abbondantemente superate: per rendere l'idea, è come se una roulette facesse uscire per secoli solo il rosso e mai il nero. Raffard de Brienne non afferma mai esplicitamente, anche se lo lascia trasparire, che le contraddizioni e le impossibilità svanirebbero soltanto se si ammettesse l'intervento di un disegno superiore, trascendente. Egli si limita alla fine a invocare il rifiuto definitivo dell'evoluzionismo «perché costituisce un ostacolo alla ricerca scientifica». Mi sembra un'idea molto razionale e molto positiva.

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