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Un appunto inedito dello scrittore catalano appena scomparso vergato a tavola nel 2000

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Dieci chili che hanno cancellato con un colpo di spugna mesi interi a seguire i consigli del dietologo. A conteggiare i cucchiaini d'olio concessi, a saziarsi di quel piatto di verdure bollite. A rifiutare inviti al ristorante. Poi un giorno, e come dimenticare quel giorno, nell'edicola di un aeroporto vedersi scivolare fra le mani un libricino di Manuel Vàsquez Montalbán, «I Mari del Sud». E scoprire il detective Pepe, il suo Biscùter, il gusto dei fritti del Barrìo di Barcellona. Il profumo del baccalà che solo quelle terre e quei mari sanno inventare. Sì, da quel giorno tutte le difese sono crollate. Ho divorato l'intera bibliografia di Vàsquez Montalbán. Sì, divorato. Cercando Carvalho e aspettando. Perchè prima o poi con lui si finiva lì. In padella a sentire saltare la fabada asturiana. A tavola, aspettando la casseruola con la fricassea di peidini di maiale. In cucina a tagliare la pancetta e il sanguinaccio da friggere con le faves ofegades, le fave affogate alla Catalana. E naturalmente a preparare il baccalà al pil pil, il piatto più tipico di Carvalho che il suo autore ha descritto così: «se non si trattasse di magia, ma dico di magia vera e propria, inspeigabile, direi che si tratta di magia, ed è questo che dico. Baccalà morto stecchito, resuscitato dall'acqua e trasformato a un tratto in materia malleabile, come il marmo nelle mani di Michelangelo o l'argilla di un vasaio di Guadix...». Dieci libri così, e i dieci chili sono assicurati per chiunque. Vàsquez Montalbán era in apparenza più coriaceo del suo Carvalho. Lui timido e riservato, come il detective-gastronomo non avrebbe potuto essere. Innamorato della cucina, e lì la scrittura è stata specchio fedele del suo autore. Lo scrittore appena scomparso amava la buona tavola, quella italiana forse più di altre. Impazziva per la finocchiona toscana, che la sua traduttrice spediva a Barcellona inventandosi ogni volta un'occasione da festeggiare. Amava anche la cucina romana, e a una tavolata nella capitale l'ho conosciuto. Dopo averne divorate decine, avrei voluto chiedergli un piatto tutto per me. Non ebbi però il coraggio. Lo fece per me una persona cara, qualche tempo dopo, ancora a tavola. Tre anni fa, al premio letterario Grinzane Cavour, dove Vàsquez Montalbán era solito arrivare coniugando letteratura a un giro fra vini e sapori delle Langhe. Quella volta era lui il protagonista, insignito dall'amico Giuliano Soria del riconoscimento internazionale «Una vita per la letteratura». Prese un cartoncino dalla tavola e scrisse di getto una nuova invenzione per il suo Baccalà. Quella che per ricordarlo ora insieme ai lettori de Il Tempo è pubblicata qui in pagina. L'ultima con cui Pepe Carvalho potrà ancora farvi ingrassare.

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