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Gauguin dalla Bretagna a Napoli

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Quando i miei zoccoli risuonano su questo suolo di granito, sento quella tonalità sorda, opaca e potente che cerco di ottenere nella pittura». È stato lo stesso Paul Gauguin (Parigi 1848-Isole Marchesi 1903) a spiegare il suo amore per la Bretagna, regione della Francia dove si stabilì per alcuni periodi, a partire dal 1886. Ed ora a «Gauguin e la Bretagna» sarà dedicata, nel centenario della morte, la mostra che si inaugurerà sabato a Napoli, nei nuovi spazi del carcere alto del Museo di Castel Sant'Elmo (fino all'11 gennaio; catalogo Skira). Sono proposte circa cento opere: una ventina di Gauguin, le altre degli artisti che in Bretagna furono influenzati dalla visionaria novità della sua pittura. Non a caso si parla della «Scuola di Pont-Aven», dalla località in cui stabilirono rapporti di scambio creativo quegli artisti che trovarono nella pittura di Gauguin la possibilità di superare l'eredità impressionista in una nuova visione soggettiva, simbolista e «sintetista», basata su contorni neri e colori piatti e squillanti. Fondamentale era il ruolo della memoria che permetteva di rifiutare il contatto mimetico con la realtà visibile. Non a caso l'irrequieto Gauguin quando stava in Bretagna dipingeva le donne delle isole esotiche mentre a Tahiti e nelle isole Marchesi gli tornavano alla mente i volti bretoni. Oltre a Gauguin («Fattoria in Bretagna», «La mietitura in riva al mare»), sono rappresentati, tra gli altri, il suo amico Emile Bernard, Maurice Denis, Claude-Emile Schuffenecker e Paul Sérusier.

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