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di GIAN LUIGI RONDI PRENDIMI E PORTAMI VIA, di Tonino Zangardi, con Valeria Golino, ...

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TONINO Zangardi, in un suo primo film, «Allullo drom», ci parlava di zingari. Vi ritorna adesso, con una comunità su carrozzoni alla periferia di Roma. Mal vista dagli altri abitanti della zona, non solo per le quasi consuete esplosioni di razzismo, ma quando intorno si apprende che uno di loro, per pagare un debito di gioco, non ha esitato a dare in pegno la figlia minorenne, Romana, al suo creditore. È su questa ragazzina che punta una delle vicende del film perché un suo compagno di scuola, Giampiero, si interessa amorosamente a lei, ricambiato, anzi provocato, e alla fine, quando la saprà ceduta, non esiterà a raggiungerla per rispondere all'invito del titolo, «Prendimi e portami via». L'altra vicenda riguarda la giovane madre del ragazzino, Luciana, aspirante pittrice, e il padre fruttivendolo. Fra i coniugi, molto diversi l'uno dall'altro, i rapporti si son fatti difficili tanto che a un certo momento Luciana cederà a un corteggiamento, pur molto discreto, di un acquirente dei suoi dipinti; alla fine però tutto rientrerà nell'ordine, mentre Giampiero, dopo essersi «portata via» Romana, se ne andrà con lei in riva al mare a godersi l'alba. Una conclusione abbastanza improbabile, poco realistica, naturalmente, ma anche piuttosto dubbia se vista in una prospettiva simbolica. Anche il resto, narrativamente, stenta a non vincere: non solo l'evoluzione del rapporto fra i due ragazzini, in una cornice scolastica di sfondo con insegnanti descritti come dispettosi carcerieri, ma anche i contrasti fra quei due coniugi, con quella passeggera avventura di lei che si colloca a fatica nell'azione. Le pagine comunque con cui il razzismo arriva fino a tumulti ed incendi hanno un certo vigore e la recitazione, in mezzo, di Valeria Golino nei panni di Luciana ha sempre segni ed accenti giusti. Con l'intensità cui da sempre siamo stati abituati.

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