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di CARLO DE RISIO LA NOTTE del 12 settembre 1943 l'Europa fu destata dal sonno, quando radio ...

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L'uomo del giorno diventò il capitano delle SS, Otto Skorzeny, presentato come il protagonista dell'ardita impresa. Ma era proprio così? O quell'omaccione, alto quasi due metri, si era attribuito meriti non suoi? Può darsi che Skorzeny «rubò la scena» ad altri: dal generale Student — esperto di truppe aviotrasportate — ad altri ufficiali, posatisi con alianti sulla «prigione più alta del mondo», come disse con enfasi Mussolini. Skorzeny fu anche accusato di aver messo in pericolo la vita del Duce cacciandosi nell'abitacolo del piccolo monomotore pilotato dall'asso dell'aviazione Gerlach. Tuttavia, nelle versioni svolte a ridimensionare il ruolo del capitano delle SS, si tende a mettere in ombra un elemento essenziale: era stato Hitler in persona a incaricare Skorzeny della missione, all'indomani dell'arresto del Duce a Villa Savoia, il 25 luglio 1943. Anni fa, l'autore inglese Charles Foley fece una minuziosa ricostruzione di ciò che era accaduto. Dopo una crisi di nervi, Hitler convocò i suoi seguaci e alla domanda «Che cosa pensa dell'Italia?» Skorzeny avrebbe risposto: «Führer, io sono austriaco», che per Hitler, anche lui di origine austriaca, valeva più di un prolisso discorso. «Lei, Skorzeny, salverà il mio amico» disse Hitler. Dopodiché il capitano delle SS iniziò le ricerche, mobilitando in Italia il maggior numero possibile di «barbe finte». Trasportato prima a Ponza, poi alla Maddalena, Mussolini aveva impegnato troppi uomini, per passare inosservato. E su Villa Weber, alla Maddalena, si appuntò infatti l'attenzione di Skorzeny, che aveva in animo di fare un colpo di mano, mentre una flottiglia di siluranti tedesche entrava nell'ancoraggio sardo. Il 26 agosto, poco mancò che l'ufficiale ci rimettesse le penne perché, durante una ricognizione a bassa quota, l'aereo si infilò in mare; Skorzeny ebbe tre costole incrinate e venne fortunosamente salvato. I carcerieri del Duce, messi sul chi vive, caricarono il prigioniero su un aereo della Croce Rossa, che si posò sul lago di Bracciano: di qui, Mussolini fu condotto a Campo Imperatore, costringendo i tedeschi a riprendere le ricerche e Skorzeny a mobilitare di nuovo i suoi informatori. Quando venne intercettato un messaggio diretto al ministero degli Interni — «Misure di sicurezza intorno al Gran Sasso completate» — si ebbe la certezza sulla ubicazione della nuova prigione. Su dodici alianti presero posto novanta paracadutisti e anche il generale Soleti, per convincere carabinieri e poliziotti a non opporre resistenza. Quando Skorzeny piombò nella stanza di Mussolini, si trovò al cospetto di un uomo più anziano di quanto non appariva nelle fotografie, con la barba lunga, vestito di un abito blu (lo stesso che indossava al momento dell'arresto a Villa Savoia): soltanto i suoi occhi erano eccitati. Gerlach, l'asso della Luftwaffe, compì il miracolo di atterrare in un fazzoletto di terra e di decollare, con un carico ragguardevole: di Pratica di Mare, Mussolini fu trasferito a Vienna e infine al Quartier Generale di Hitler.

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