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Depardieu, da commissario ad assistente

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«Sogno di essere Garibaldi sullo schermo». A maggio inizierà a girare con Ettore Scola

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Forse per questo ora, a 55 anni, spera di far rivivere le gesta di Giuseppe Garibaldi. «È il mio sogno nel cassetto. Dopo tanti personaggi storici come Cristoforo Colombo, Danton, Auguste, Balzac, adesso sento proprio che è venuto il momento di vestire i panni del grande generale che guidò gli infaticabili Mille all'unificazione d'Italia». Pantaloni bianchi, camicia azzurra, viso abbronzato e sorriso sulle labbra, Gerard Depardieu, il "gigante buono" che strega i bambini nei panni di Obelix, il divo francese che ama il cinema, le belle donne e il buon vino, ha inaugurato lunedì sera con la sua bonaria irruenza l'ottava edizione del «Vasto film festival», la rassegna di cinema nazionale e internazionale diretta da Remigio Truocchio, in scena a Palazzo d'Avalos fino al 24 agosto. Gerard, tre figli (Julie e Guillaume avuti dalla moglie Elisabeth Guignot e Roxanne nata dalla sua unione con Karine Sallas), una carriera di oltre 80 film iniziata a 25 anni nei panni di una simpatica canaglia, è sbarcato a Pescara da Parigi con il suo jet privato; a scortarlo fino a Vasto, il fido Gianfranco Greco. Nella Ville Lumiere con Gerard Lanvin e la nostra Valeria Golino che lo attende a Vasto («Sul set non ci siamo ancora incontrati: l'ho raggiunto qui per vederlo», confida lei) è impegnato nelle riprese del film «San Antonio», tratto da un romanzo poliziesco e diretto da Frederique Auburtin. «In un solo mese sono ingrassato di 15 chili. È che al cibo non so proprio resistere! Ne pago sempre le conseguenze, però! - confessa Depardieu - In questo film, le cui riprese continueranno in Indonesia e a Londra, ero stato scelto per interpretare la parte del commissario San Antonio. Un uomo affascinante, colto, elegante, che alla linea ci tiene. Insomma, una sorta di James Bond d'oltralpe. Ma, rinunciando alla dieta, ho finito per lasciare la parte a Gerard Lanvin e interpretare il suo assistente, Berrurière. Un tipo grasso, sboccato, molto poco gentlman». E dopo questo film, quali saranno i prossimi progetti dell'attore? «A maggio inizierò le riprese del nuovo lavoro di Ettore Scola. È la storia di un vedovo di 50 anni che si dedica con amore alla figlia tetraplegica. Non posso dire di più: Scola non vuole! Interpretare l'amore al cinema è la cosa che mi riesce meglio, come i personaggi storici. Io sono figlio di contadini: mio padre non sapeva né leggere né scrivere. Proprio interpretando tanti personaggi storici ho cercato di imparare la storia. Ma il mio legame con la terra, la campagna, è rimasto quello di sempre. Rimango una persona molto legata a tutto ciò che viene dalla terra». Cosa pensa del nostro cinema? «Sono molto legato al cinema italiano, a quello del dopoguerra, a quello del neorealismo e poi anche alla commedia all'italiana. Certo, il cinema italiano è cambiato, quello dei grandi come De Sica non c'è più e mi manca molto. Ma è un problema legato al cambiamento della stessa società. Mi manca la "comedie", l'anima italiana come quella francese. Non voglio certo dire che i registi di oggi non siano bravi. Nanni Moretti, ad esempio, può essere un bravo regista, ma io preferisco Scola o Mimmo Calopresti. Poi ce n'è uno in particolare, originario della Puglia, che mi piace molto: Sergio Rubini. È sanguigno, appassionato, mai noioso. Con lui ho girato nel 2000 «Tutto l'amore che c'è». E con Hollywood ha chiuso? «Il cinema hollywoodiano è in crisi: produce solo commediole e film d'azione. Del resto riflette la crisi americana. Bush e la sua politica non sono il mio bicchiere di vino preferito, per dirla con una metafora! Produco e bevo vino. Ho vigneti sparsi per il mondo: in Ungheria, Spagna, Pantelleria e Marocco. Lavorare nel cinema mi facilita certo i rapporti con le persone d'affari dei vari paesi dove produco vino. Essere un attore mi dà credibilità. Anche perché al cinema devo tutto. E recitare continua a piacermi moltissimo». Cosa le piace di più del suo lavoro? «Mi piace trasmettere em

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