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di CLAUDIA SVAMPA «LA Rafraf Airways vi ringrazia per la fiducia accordata e spera di ospitarvi ...

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Risvegliarsi nel mezzo di tanta audace lettura, per un italiano, un europeo o per un americano, significa al contempo cadere dal letto, massaggiarsi un gluteo dolente e benedire, con tanto di segno della croce, per i più credenti il provvidenziale indolimento che pone fine al cardiospasmo di un incubo raggelante, anche nelle più surriscaldate notti d'agosto. Un incubo peggiore di un triumvirato composto da Saddam Hussein, Bin Laden e il moderato Gheddafi quali segretari generali della Nato. Corre così l'anno 2103 nei sogni di gloria e nelle pagine dell'autore, epoca in cui il mondo gira al contrario «gli immigrati arrivano in Tunisia dal nord del Mediterraneo, l'Iraq mantiene l'embargo sugli Stati Uniti e i bimbetti israeliani lanciano pietre contro i carri armati palestinesi». Diciamolo: c'è già di che allarmarsi. Un leggero nodo alla gola, un senso di dispnea e l'affanno, che annuncia l'ansia, si accomodano sulla poltrona e accompagnano la lettura. Siamo appena atterrati nella Repubblica di Cartagine che accoglie il volo 714 Poitiers-Rafraf della Rafraf Airways. L'oblò di sinistra offre una magnifica veduta della spiaggia dei miliardari Acapulco de Sounine. Quello di destra centra un immenso e celebre monumento: la Statua della Libertà. Choc. Non solo per l'americano John, immigrato dagli Usa in Tunisia, al quale viene «ricordato» che la celebre opera - che dal 1886 a New York testimonia la libertà quale valore fondamentale per il popolo americano - «è stata comprata dalla Repubblica di Cartagine negli anni 2060, subito dopo la dodicesima Guerra del Golfo». La dispnea degenera in apnea quando la Statua, ravvicinata «tiene una fiaccola in una mano e un libro nell'altra». Le tavolette, con l'incisione in cifre romane del 4 luglio 1776, data dell'indipendenza americana sono diventate un libro. Il timore che sia il Corano resta solo un legittimo dubbio. L'autore, non pago, rincorre l'horror della fantapolitica internazionale con un ennesimo colpo basso. Inferto questa volta da Cartagine alla storica antagonista: Roma. Che nel 2103, ormai da otto anni, è divisa da un muro, eretto dopo la scissione leghista fra nord e sud. Questa volta a sudare freddo non è solo Bush per la Statua. Ciampi e Berlusconi rischiano di incontrarsi solo con un visto d'ambasciata, per colpa della topografia cittadina, dell'ubicazione di Palazzo Chigi e del Quirinale oltre che dei deliri di mezza estate di Abdelaziz Belkhodja. Che, disgustato dalle Alpi, e forse anche dalla Bossi-Fini, dissemina i sampietrini della Capitale di campi profughi per leghisti in fuga verso la «Comunità Cartaginese». Coraggio, è solo un libro, eppure sgorga una lacrima, quando la Repubblica di Cartagine e l'autore trasmettono le raccapriccianti news: «Elezioni in Italia. Cosa Nostra vince su Mafia Democratica. 2500 i morti. Aiuti economici del Ciad alla Scandinavia, tre carichi dispersi. L'Inghilterra ha di nuovo domandato al Consiglio Cartaginese di riesaminare la propria richiesta di adesione, il paese tuttavia non ha ancora raggiunto le condizioni di democrazia necessarie». Povero Blair, anche lui fra i dannati di un incubo. Dal quale, quando ci si risveglia chiudendo la copertina nera e cupa, sgocciola un'ultima nota dell'autore: «le persone normali non sanno che tutto è possibile». Rilassiamoci. Crogiolati nella certezza della nostra normalità.

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