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Barbarossa, vivere per cantare

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«Devo tutto a Ravera che mi volle a Castrocaro e poi a Sanremo»

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Cantare è la mia vita ma non è tutta la mia vita». Qual è il suo credo più credo? «Fare le scelte con la mia testa e cercare di guardare sempre avanti con tanta speranza». Cantante per scelta, per caso, per necessità? «Per passione e per amore». Figli di genitori separati, è un vantaggio o uno svantaggio? «La mia è una classica famiglia allargata. Una famiglia molto unita nonostante le apparenze». Come ricorda la sua infanzia? «La prima fase un po' noiosa. Ricordo la solitudine del figlio unico. Poi tutto è cambiato perché la vita mi ha regalato due sorelle acquisite. Erano gli anni Sessanta, il periodo del boom. Eravamo sempre insieme ed era per me essere sempre in vacanza». A chi deve la passione per la musica? «Mi è stata trasmessa da mio padre, collezionista di jazz. Ai concerti, piccolissimo, mi addormentavo sempre in macchina. Ero comunque affascinato dagli strumenti musicali, dai tamburi, dai signori che soffiano la tromba. Poi cominciai a scrivere canzoni e suonare con un amico. E la sera cantavamo in piazza Navona. L'estate invece, su e giù per l'Europa con la chitarra e l'armonica». La sua vera prima volta da cantante? «Forse a 18 anni con "Roma spogliata", a Castrocaro e a Sanremo. Fu merito di un grande Gianni Ravera». Una canzone può cambiare una vita? «A volte sì. Le canzoni hanno comunque cambiato la mia vita».

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