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SERGIO Rubini è un ex balbuziente diventato logopedista nel film «A.

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Secondo alcune voci l'attore, che non ha potuto partecipare alla presentazione del film, non sarebbe affatto soddisfatto di questa esperienza e si rifiuta perfino di parlarne. «Sergio - assicura invece l'esordiente regista - mi ha telefonato rammaricato di non essere qui con noi, e mi ha ribadito che il suo ruolo è uno dei più belli della sua carriera». Rubini interpreta nel film uno specialista, ex balbuziente, dai metodi alternativi, che instaura con due balbuzienti in cura presso una clinica per risolvere il loro problema (un bambino, Achille, interpretato dal dodicenne Loris Pazienza e una ragazza, Alessandra, l'esordiente Hélène Sevaux) un profondo rapporto di intesa e di amicizia. Il film, prodotto a suo tempo da Cecchi Gori, fa parte dei «naufraghi» salvati in extremis dalla casa di distribuzione Medusa. Opera prima dell'affermato scultore Giovanni Albanese, che per il suo debutto alla regia ha scritto, con Vincenzo Cerami, una storia incentrata sulla balbuzie, in parte autobiografica sulla sua odissea di ragazzino «difettoso». «Quando ho cominciato ad affrontare la balbuzie con ironia, a ridere di me stesso - dice Albanese - è iniziata la vera cura. Oggi mi definisco un balbuziente a riposo, più che un ex balbuziente. Più che una commedia, con Vincenzo Cerami abbiamo pensato di scrivere una storia lieve e poetica - dice Albanese - che avesse i suoi momenti di sofferenza, ma fosse anche piena di ironia». Ambientato in Puglia e con le musiche di Nicola Piovani, il film è centrato sulla figura di Achille (Loris Pazienza) un bambino, orfano di padre, afflitto da una balbuzie. I familiari di Achille sono sicuri che si può risolvere il problema linguistico del piccolo ricoverandolo in una clinica estiva, diretta dal Professor Aglieri (Paolo Bonacelli), un mezzo imbroglione che tuttavia ha fede nei suoi metodi.A portare un po' di luce e di allegria nella clinica arriva Remo (Sergio Rubini), un logopedista ex balbuziente, che allestisce una sorta di camera creativa a disposizione dei pazienti, rivendicando l'importanza dell'individualità di ognuno di loro e applicando un suo metodo, alternativo al "Canto-parlare" del professore, che tende a recuperare il malato sul piano umano. «Come balbuziente so che questo è l'unico handicap in cui, anche se non vuoi, c'è da ridere - aggiunge il regista - Molte volte i miei incespicamenti provocavano risate anche nelle persone che erano visibilmente imbarazzate dal mio disturbo. La sofferenza della non parola si può risolvere solo con una grande dose di autoironia».

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