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di GIAN LUIGI RONDI CITY OF GHOSTS, di e con Matt Dillon, e con James Caan, Natascha ...

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MATT Dillon è un attore serio. Lo ha dimostrato in film molto disparati, come «Corpo da reato» e «Tutti pazzi per Mary». Adesso, ispirato da un suo viaggio in Cambogia, vi ha ambientato una storia che non solo ha interpretato ma ha anche diretto, esordendo a sua volta dietro alla macchina da presa. Il risultato è un po' ineguale perché vi si ritrovano echi della più nota letteratura sul Sud Est asiatico, il tono, però, che partecipa del thriller, ha spesso segni plausibili, specie se vi si accompagnano delle non superficiali attenzioni psicologiche. Si comincia a New York con un giovanotto, Jimmy, che ha dato man forte a un suo mentore, Marvin, a capo di una truffa nel campo delle assicurazioni. Venuti i nodi al pettine, Marvin ripara in Cambogia senza lasciare a Jimmy la sua parte e l'altro si affretta per far valere le proprie reazioni. Seguono però vicissitudini d'ogni tipo che finiranno per convincere Jimmy, conquistato dall'onestà, di essere su una strada sbagliata. La lascerà anche per amore di una bella archeologa e anche quando Marvin, che scoprirà essere suo padre, morendo in un agguato teso da suoi concorrenti in affari, gli lascerà del denaro cui rinuncerà a favore di altri più bisognosi- Certo i temi letterari sono molti (perfino la rivelazione di una paternità) e il cammino del protagonista dal male alla redenzione rischia la retorica, però Matt Dillon, sia come sceneggiatore sia, dopo, come regista, è riuscito spesso nella difficile impresa di non mettere in contraddizione troppo evidente l'avventura e il thriller con le ricerche sui caratteri, proponendoci in più momenti dei personaggi piuttosto netti, anche quando le loro fisionomie accettano, con efficacia, allusioni o sfumature. Naturalmente la Cambogia attorno ha sempre il suo peso esotico, a tratti persino compiaciuto (cornici, gente, riti, musiche, costumi), ma l'azione in mezzo non vi si abbandona eccessivamente, ora per privilegiare i ritmi e le tensioni dell'avventura, ora, come nella parte finale, per seguire l'itinerario psicologico del protagonista anche con modi sfumati e perfino con interiorità. Dominati dalla recitazione di Dillon con piglio fermo. Di fronte a lui, come Marvin, James Caan, spigoloso ma senza cinismo.

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