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di FRANCO CARDINI NE HANNO dette e scritte proprio di tutte.

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Nemmeno Adolf Hitler, nel suo delirio razzista, era arrivato a sostenere che i caratteri fisici dipendevano dal luogo di nascita. Comunque, in sintesi la questione è semplice. Gli spagnoli sostengono che i resti di Cristoforo Colombo e di suo figlio Hernando, mischiati fra loro, si trovano nella monumentale cappella dedicata all'Ammiraglio nella cattedrale di Siviglia, dove sono tornati nel 1898 dopo una lunga e tormentata permanenza in terra americana. La Repubblica Dominicana rivendica invece il possesso delle vulnerabili reliquie, conservate nella cattedrale di Santo Domingo. Un esame comparativo del materiale sivigliano e di quello dominicano, confrontato con il DNA dei resti dell'altro figlio di Colombo, Diego, risolverà la questione. Sempre ammettendo — come sembra comunque abbastanza certo — che il sepolcro di Diego ospiti davvero le sue ossa, e che Diego non sia stato un figlio adulterino. Le vicende delle ceneri dell'Ammiraglio sono note. Morto e sepolto nella Vecchia Castiglia, a Valladolid, lo scopritore dell'America fu trasferito nel Nuovo Mondo per volontà dei suoi discendenti e inumato nella Cattedrale di Santo Domingo. Ma alla fine del Cinquecento nelle acque prospicenti l'isola si presenta la flotta del terribile corsaro Francis Drake, inglese e protestante. Si teme che il crudele figuro possa umiliare l'orgoglio dell'impero spagnolo violando il sepolcro dell'Ammiraglio: si trasferiscono quindi i venerabili resti nella cattedrale dell'Avana dove, mischiati con quelli del figlio Hernando, essi rimangono tre secoli. Ma nel 1898 si conclude la sciagurata guerra di Cuba, provocata dagli Stati Uniti che vogliono ripulire il loro «cortile di casa», il continente americano, dalla presenza coloniale europea. Abbandonando la loro tanto amata isola, gli spagnoli portano con sé le ceneri di Cristoforo e di Hernando. A questo punto, coup de thêatre. La Repubblica Dominicana sostiene di avere le prove che, alla fine del Cinquecento, le reliquie di Colombo non abbandonarono davvero la cattedrale di Santo Domingo: si mise in scena un falso trasferimento, mentre gli autentici resti venivano nascosti sotto i gradini di un altare e, passato il pericolo, risistemati nella loro sede. La questione si è trascinata fino ad oggi, resistendo anche alle celebrazioni del cinquecenario della scoperta del Nuovo Mondo, nel 1992. Adesso, il confronto dei contenuti delle due tombe con il DNA di Diego darà il responso definitivo su quale delle due sia l'autentica. Con il rischio che l'esame genetico dia luogo a un altro colpo di scena, rivelando che entrambi i resti sono falsi. Di problemi di questo tipo è ormai piena la storia. Molti decenni fa, quando ancora il DNA era inconcepibile, Gaetano Pieraccini sottopose ad accurata indagine i resti dei membri di casa Medici, che riposano nella chiesa di San Lorenzo a Firenze: ne risultò una ricerca classica, che analizzava le malattie ereditarie della celebre dinastia. Da allora, le ricerche di questo tipo si sono moltiplicate: specie per i santi, che hanno spesso sepolture multiple e di dubbia autenticità. Qualche tempo fa, si disturbò con i soliti pretesti genetici anche il sonno di Federico II, o di chi altri dorme nel suo sepolcro di porfido della cattedrale di Palermo. Va comunque detto che i risultati «scientificamente obiettivi» degli esami genetici non sempre dirimono davvero le questioni storiche: si trova sempre qualche eccezione da sollevare. In questo caso, dal momento che la chiave di tutto sta nel DNA di Diego, si può star certi che la parte che dall'esame risulterà «perdente» solleverà dubbi sull'identità di questi.

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