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Fabio deluso dalla televisione italiana «Non c'è concorrenza, tutto è piatto»

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Con il «Giorno delle zucche» (Einaudi, 185 pagine, 8.50 euro), l'ex conduttore di «Quelli che il calcio» ci apre le pagine del suo diario degli ultimi due anni, vale a dire da quando è scomparso dal teleschermo, attratto dalle «sirene» de La7 e dalla promessa di un talk-show quotidiano che, poi, come è noto, saltò, lasciando Fazio senza programma ma con le tasche gonfie della penale incassata. Con prosa asciutta e ironia (meglio, autoironia) abbondante, la trentanovenne star televisiva ci propone un godibile campionario di manie e ipotesi, persino tentativi, di nuovi mestieri. Cantante, pittore, attore, scrittore, Fazio ci confida di averle provate tutte, alla ricerca di un'alternativa alla Tv, nella continua e vana attesa, peraltro, di una telefonata di Moretti o di Benigni. Fabio Fazio, fra i vari tentativi di darsi a un nuovo mestiere, quello dello scrivere ci pare il più riuscito. Complimenti per la sorpresa. «Grazie. Ma non è stato difficile dopo due anni di lavoro su questo libro. Cambiare mestiere? Sì, un po' ci credo, anche se ho affrontato il tema più per scaramanzia. Occorre una grande disponibilità a mettersi in gioco, oltre alla capacità di rinnovarsi. Come scrivo, però, non sono capace di far niente. Quindi, l'ipotesi va scartata. Fossi stato un medico o un falegname avrei potuto forse reinventarmi in qualche altro modo. Invece, purtroppo, noi della tv non sappiamo far niente». E, in attesa del ritorno sul piccolo schermo, si è rifugiato nel ricordo e nel significato delle "zucche" della sua infanzia? «Le "zucche" sono quelle che faceva crescere mio nonno, quando da piccolo andavo da lui in vacanza. Mi ammoniva sempre di non additarle, altrimenti sarebbero marcite. Io ci credevo e ci credo ancora alla regola di mio nonno. C'è un non so che di meraviglioso, di onirico, di misterioso, che mi affascina e mi attrae. "Il giorno delle zucche" mi è sembrato un bel titolo per raccogliere in una sola frase il piacere della fanciullezza». Poi, però, si crescerà... «Certo. Ma io ho conservato quest'aspetto infantile che mi ha aiutato molto anche nel mio lavoro. Le classifiche del peggio e del meglio della vita, qualche volta, le ho inserite nelle mie trasmissioni, ad esempio, in "Ultimo Valzer", con Claudio Baglioni. E, poi, la Tv nasce in maniera artigianale, da un'idea, da una visione, ma quando l'hai realizzata sparisce tutto, non resta nulla. Un programma tv non è una canzone o un film, non puoi rivederlo o riascoltarlo. La Tv non è nulla e viene meglio se l'affronti con spirito fanciullesco, perché è molto simile al tempo passato a giocare, a emozionarsi, a divertirsi». Ha nostalgia della tv? Le manca «Quelli che il calcio» che ha condotto per otto anni? «No, non mi manca. Però, con quel programma ho colto l'essenza del mio mestiere, sentire gli altri che ti dicono: "Che bella cosa, mi fa divertire". Il successo, i soldi, non guastano, per carità, ma ciò che ti esalta è la prova tangibile che hai procurato divertimento agli altri». In questi due anni ha guardato la tv degli altri? E che cosa ne pensa? «Penso che, per motivi vari, in Italia non c'è mercato tv. E la mancanza di concorrenza fa sì che in tv non ci siano cose belle, giovani, innovative. L'aggettivo giusto per la tv italiana è: "piatta". Io, invece, ho sempre pensato che la tv debba essere passionale, emozionante, provocatoria, persino scandalosa. Senza per questo arrivare alle risse, ma almeno far nascere qualche discussione. In tv, oggi, lo scenario è molto triste». Comunque, il suo "esilio" sta per finire. Quando debutterà su Raitre con il nuovo programma «Che tempo che fa», legato al meteo? «Dopo il misterioso e mai spiegato alt di aprile scorso, il debutto è stato fissato per metà settembre. Saremo in onda il venerdì, dalle 20.10 alle 20.30, e

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