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di GINO AGNESE LA PIÙ NOTA tra le più ampie monografie dedicate a Picasso è quella di Pierre ...

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È persino ovvio ripetere che fu un genio, sebbene l'opera sua abbia accusato talvolta cadute e pigrizie (addirittura in sequenza, negli ultimi anni). Meno scontato è ricordare che il talento di Picasso rifulse precoce e fu riconosciuto, fin dagli inizi, sia dalle più fresche intelligenze e sia dal mercato. Il ritratto della madre, eseguito a quindici anni, e soprattutto il grande dipinto «Scienza e carità», realizzato a sedici anni ed ora vanto del Museo Picasso di Barcellona, sono già lavori degni di un maestro. Però, fuori dall'arte, fu un uomo meritevole di taglienti censure: persona deludente, di nessuno stile, sprezzante ed anche furba e corriva. La sua conversazione era di basso profilo (non parlava mai di arte), rubò le donne agli amici, riverniciò subito un quadro donatogli da Modigliani in modo da poterne utilizzare la tela e benché, raggiunta la fama, conducesse vita da nababbo, divenne un'icona dei comunisti. Picasso e i futuristi non si amarono. Lui li snobbò, favorendo dietro le quinte l'opinione che fossero degli stravaganti e dei plagiari. Gli italiani, al contrario, pur ritenendo la bande á Picasso povera di teoria, riconobbero la genialità dello spagnolo. Boccioni, nella scultura, partì proprio da Picasso, e l'«Antigrazioso» lo dimostra. Ma poi lo superò con «Forme uniche della continuità nello spazio». E nel '16, l'anno in cui morì, profetizzò su «Avvenimenti»: «La Spagna si glorierà tra cinquant'anni di Picasso». Boccioni però rispettava gli amici. E quando Picasso prese la fidanzata a Louis Markus, s'indignò bollandolo come un mascalzone, epiteto che il destinatario meritò in varie occasioni. Per esempio Picasso, arrestato nel 1911 con Apollinaire perché entrambi erano sospettati a torto del famoso furto della «Gioconda» avvenuto al Louvre, fu così coniglio da negare, davanti al giudice che decideva delle scarcerazioni, d'aver mai conosciuto il poeta, suo compagno di quasi tutte le sere. Quanto a Marinetti, anch'egli subito si convinse della genialità di Picasso: e credo che coltivò anche l'idea di averlo al suo fianco. Fernande Olivier, compagna di Picasso dal 1904 al 1912, racconta che una volta Marinetti li trattenne per una notte intera in un hotel di Pigalle: parlò per una decina d'ore, «senza annoiarci». Ma finì male tra Marinetti e Picasso il 23 novembre 1938, giorno in cui molti amici convennero attorno alla tomba di Apollinaire nel cimitero di Parigi. «Non stringo la mano a un fascista», disse Picasso. Marinetti lo inseguì brandendo l'ombrello per i vialetti del «Père Lachaise».

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