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Aifa, dirigenti indagati: favorivano farmaci più costosi

Per la Corte dei conti il danno erariale ammonterebbe a quasi 200 milioni

Valeria Di Corrado
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Terremoto ai vertici dell'Agenzia italiana del farmaco. La procura della Corte dei conti del Lazio contesta un danno erariale da 197 milioni di euro all'ex direttore generale dell'Aifa Luca Pani, al suo successore Mario Melazzini, e ai componenti della Commissione tecnica scientifica (di cui faceva parte anche il rettore di Catanzaro Giovambattista De Sarro) che ha deliberato "ingiustificate limitazioni alla rimborsabilità" del farmaco Avastin nel trattamento della maculopatia senile (una malattia oftalmica diffusa tra gli anziani), continuando invece a far spendere centinaia di milioni in più al Servizio sanitario nazionale per un altro medicinale, Lucentis, che costa circa 80 volte di più. Gli approfondimenti svolti dai finanzieri del gruppo Tutela spesa pubblica del nucleo di Polizia economico-finanziaria, sotto la direzione del vice procuratore contabile Massimo Perin, hanno consentito di accertare come studi comparativi avessero dimostrato la sostanziale equivalenza terapeutica (in termini di efficienza e sicurezza) dei farmaci Avastin e Lucentis, che di fatto hanno lo stesso principio attivo. Nonostante ciò il primo non è stato incluso fino al 2014 tra i prodotti rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale e il suo utilizzo è stato limitato ingiustificatamente fino al 2017, causando rilevanti spese aggiuntive per l'Erario. Ogni singola dose di Lucentis, infatti, costa tra i 600 e i 730 euro in più di Avastin. Già nel 2014 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva irrogato nei confronti delle case farmaceutiche Roche e Novartis una sanzione amministrativa di oltre 180 milioni di euro per avere concertato una differenziazione artificiosa dei prodotti, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari. La delibera era stata impugnata davanti al Tar del Lazio che però ha confermato la posizione dell'Authorty indipendente, così come ha fatto poi la Corte di Giustizia dell'Ue con sentenza del 23 gennaio 2018. 

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