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È morta Imane Fadil, super testimone del Bunga Bunga: aperta un'inchiesta

La modella 34enne era la teste chiave nel processo Ruby sulle "cene eleganti" ad Arcore. Aveva denunciato: "Mi hanno avvelenato"

Silvia Sfregola
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All'infinita saga giudiziaria di Ruby, da 9 anni in scena fuori e dentro le aule dei tribunali, si aggiunge la morte sospetta di Imane Fadil, la teste chiave dell'accusa stroncata a 34 anni da un male ancora misterioso il primo marzo scorso. A darne notizia ai giornalisti è il procuratore di Milano, Francesco Greco, che annuncia anche l'apertura di un'indagine per omicidio volontario. Un atto dovuto dal momento che la ragazza, durante il ricovero, aveva confidato a persone a lei vicine il timore di essere stata avvelenata e che una prima analisi delle cartelle cliniche descrive una «sintomatologia da avvelenamento». Tutte le ipotesi restano però aperte, dall'errore medico al decesso per una patologia ancora non identificata. La voce che la modella marocchina stesse male si era diffusa dopo che, il 14 gennaio scorso, il Tribunale aveva escluso lei, Ambra Battilana e Chiara Danese, cioè le tre ragazze che si ritenevano danneggiate dal bunga-bunga, dal novero della parti civili nel processo Ruby ter, sbarrando così la strada a eventuali richieste di risarcimento, in caso di condanna, a Silvio Berlusconi. «Ha avuto un crollo nervoso», si diceva. Invece, dopo un violento malessere a casa di un amico, era stata ricoverata dal 29 gennaio nella clinica Humanitas di Rozzano, dapprima in terapia intensiva e poi in rianimazione, con sintomi come mal di pancia e vomito che poi si erano aggravati, fino a trasformare il suo ultimo mese di vita in «un calvario», reso ancor più penoso dal fatto che quasi fino alla fine è rimasta «lucida e vigile». Al suo avvocato Paolo Sevesi, che più volte è andato a trovarla, e poi anche al fratello, Imane ha ripetuto più volte di essere stata avvelenata. «Non posso dire se mi ha fatto dei nomi», fa muro ora il suo legale, vincolato dal segreto perché è stato sentito come testimone dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliana e dal pm Luca Gaglio. Convocati in Procura anche i medici, il fratello e chiunque possa riferire informazioni utili in attesa che l'autopsia venga eseguita nei prossimi giorni. «Speriamo che la scienza ci risolva il problema», confida Greco definendo «una vicenda strana» la morte di Imane. Stando a quanto spiegato dal procuratore, ai magistrati la notizia del decesso è arrivata solo da una settimana dall'avvocato Sevesi e subito è stato disposto il sequestro delle cartelle cliniche da cui emergono «anomalie» e dei campioni di sangue prelevati durante il ricovero. Imane stava scrivendo un libro, la Procura ha acquisito le bozze anche se dalla loro lettura non sarebbe emerso nulla di rilevante. «Per ciò che succedeva ad Arcore noi ragazze che abbiamo deciso di non farci corrompere abbiamo pagato più di altre», aveva detto in un'intervista recente Imane, ragazza fragile che, in un colloquio un anno fa col "Fatto Quotidiano" aveva parlato dell'esistenza di «una setta di Satana ad Arcore». Testimone nel primo processo Ruby chiuso con l'assoluzione dell'ex premier, Fadil era stata parte civile nel processo a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, ricevendo un risarcimento che ha sempre sostenuto di non avere incassato. Puntava al processo Ruby ter, quello con al centro l'accusa di corruzione per Berlusconi e agli altri 27 imputati, e spesso si era lamentata dei continui rinvii delle udienze che impedivano, a suo dire, l'accertamento della verità. Poi, l'esclusione dalla parti civili e il ricovero. Un mistero, il suo, che si aggiunge alla scomparsa dell'avvocato Egidio Verzini, andato a morire in una clinica Svizzera il 4 dicembre scorso per una malattia incurabile, il giorno dopo avere consegnato alla stampa la sua verità sul caso Ruby.

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