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Pesaro, caccia ai killer: dietro l'agguato la vendetta della 'ndrangheta

Il fratello di un collaboratore di giustizia assassinato a colpi di pistola

Silvia Sfregola
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È caccia ai due killer di Natale a Pesaro. Dietro l'agguato costato la vita a Marcello Bruzzese, fratello di un collaboratore di giustizia, appare ormai chiara la pista di una vendetta di 'ndrangheta. L'uomo, 51enne di origini calabresi, era sotto protezione e da tre anni viveva con la moglie e i figli in un appartamento messo a disposizione dal ministero dell'Interno nel cuore della città marchigiana. Gli assassini hanno curato i movimenti della loro vittima attendendola incappucciati sotto casa. Alle 18.30 Bruzzese ha parcheggiato l'automobile nel garage attiguo all'ingresso del suo condominio in via Bovio, una stradina pedonale nel centro storico, praticamente deserto a quell'ora. I killer gli hanno scaricato addosso almeno una ventina di proiettili calibro 9. Almeno metà dei colpi hanno trafitto il corpo, trovato dai carabinieri crivellato in un lago di sangue. Sono stati dei residenti del quartiere a dare l'allarme, intimoriti dal rumore della scia di spari inizialmente scambiati per petardi. La procura distrettuale antimafia di Ancona e quella ordinaria di Pesaro hanno aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio volontario con l'aggravante mafiosa. La modalità dell'esecuzione lascia pochi dubbi agli investigatori. Al centro dell'indagine l'identità degli autori, i mandanti e il movente dell'omicidio, che non è escluso essere legato ai conflitti di inizio anni Duemila per il dominio di Gioia Tauro, nei quali era coinvolto il fratello pentito della vittima, Girolamo. Fino al 2003 i Bruzzese erano alleati storici dei Crea di Rizziconi, storica cosca della Piana. L'alleanza si era però interrotta bruscamente quando Girolamo, latitante e condannato a 7 anni per omicidio, aveva sparato alla testa del boss Teodoro Crea e, credendolo morto, si era costituito iniziando la sua collaborazione con la giustizia. Ma il padrino era sopravvissuto e la 'ndrangheta non conosce perdono. Anche la scelta del giorno, il 25 di dicembre, potrebbe non essere casuale. Nel 1995 l'allora 28enne Marcello era sfuggito a un primo agguato a Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, costato la vita al padre Domenico e al marito della sorella, Antonio Maddaferri. Da tre anni Bruzzese viveva a Pesaro, dove si era già trasferito nel 2008 prima di spostarsi in Francia. Secondo quanto si apprende, non aveva un lavoro e, come accade in questi casi, riceveva uno stipendio dallo Stato. Anche i parenti più stretti facevano parte di un programma di protezione, senza però cambiare cognome. Mentre prosegue la ricerca dei colpevoli, giovedì mattina in prefettura è stato convocato un comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza. Il vicepremier Matteo Salvini, al centro della nuova polemica per essersi scattato un selfie mentre mangia pane e Nutella a poche ore dall'imboscata, ha annunciato la sua partecipazione: "Se qualcuno muore per mano di mafia, è mio dovere essere lì. Se qualche mafioso alza la testa giù mazzate. Mafia, camorra, 'ndrangheta sono merda. Metterò le forze dell'ordine in condizione di combattere la mafia". "Pesaro è spaventata", ha commentato il sindaco Matteo Ricci. Per il primo cittadino "lo Stato per colpire la 'ndrangheta si avvale dei collaboratori di giustizia, ed è giusto così. Ma non è giusto che una città venga sconvolta in questo modo".

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