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Ponti fascisti opere d'arte resistenti a tutto

Esempi di ingegneria e architettura che nemmeno l'Antifascismo butta giù

Angela Di Pietro
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Quando c'era Lui non solo i treni arrivavano in orario, ma i ponti non venivano mai giù ed ancor oggi resistono a tutto, anche all'Antifascismo due punto zero, all'incuria, all'assenza di manutenzione. Per i ponti costruiti in Italia nel ventennio fascista, su progettazione di insigni professionisti dell'epoca, era frequentemente utilizzato il toponimo “littorio”, o “del littorio”. Chiuso il conflitto bellico e con l'istituzione della Repubblica, nel 1946, i viadotti persero la denominazione “Littoria” e cambiarono nome (non faccia). Tutti quanti. Erano fatti bene, erano resistenti, ma sono stati destinati all'oblìo perché legati alla figura del duce. Uno dei più importanti è senza ombra di dubbio il ponte littorio di Venezia, oggi noto come “ponte della Libertà”. A capo dei lavori di progettazione c'era l'ingegnere bresciano Eugenio Giuseppe Miozzi, esempio di onestà e capacità, che non ha neanche una via intestata perché uomini come lui sono considerati “da dimenticare”, come Mussolini.  Il lavoro più importante che gli fu affidato fu quello del ponte littorio (oggi ponte della Libertà) che collega automobilisticamente Venezia con la terraferma. Un'autostrada sull'acqua. La costruzione, larga 22 metri, fu realizzata in cemento armato e pietra, dalla “Ferrobeton” con grande rapidità, in soli 18 mesi. Il ponte fu inaugurato nel 1933 con il nome di "ponte Littorio" da Umberto II di Savoia insieme alla consorte Maria José del Belgio, presente anche Benito Mussolini. Ancora in Veneto, nel comune di Verona, c'è il “ponte della Vittoria”.  Era il 1925 quando... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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