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La particella di Dio, gli spaghetti e la massa immaginaria

Da Leonardo Eulero al concetto dello spazio-tempo

Antonino Zichichi*
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Mezzo chilo di spaghetti, cento grammi di caffè, duecento grammi di mandorle, un lingotto d'oro, sono cose reali. La loro massa non può essere immaginaria. Dobbiamo dire due parole sulla proprietà “immaginaria”; da essa nasce anche la proprietà detta “complessa”. Una parentesi è necessaria. In linguaggio matematico, un numero qualsiasi, esempio 7, diventa immaginario se viene moltiplicato per l'unità immaginaria (i). L'unità immaginaria (i) ha la seguente proprietà. Moltiplicata per se stessa dà come risultato -1:                                  (i) x (i) = (i)^2 = -1 Moltiplicando per (i) tutti i numeri reali si apre l'orizzonte sconfinato dei numeri immaginari. Nasce così la Fisica delle cose immaginarie: tra di esse c'è la massa. Sommando un numero reale e un numero immaginario viene fuori un'altra cosa straordinaria cui si dà il nome di numero “complesso”. Nasce così la Fisica delle cose complesse, com'è lo Spazio-Tempo. Leonardo Eulero – cui si deve la scelta del simbolo (i) per l'unità immaginaria – si sente quasi imbarazzato da tanto ardire e nel 1770 scrive sul suo “Trattato di Algebra”: «Espressioni come √(-1), √(-2) ecc., sono numeri impossibili, o immaginari, in quanto rappresentano le radici di quantità negative. Di questi numeri noi possiamo in verità dire che essi non sono né niente, né meno di niente, né più di niente. Ecco perché essi sono immaginari o impossibili». Fu con queste pessimistiche considerazioni di Eulero che (i) fece il suo trionfale ingresso nella Matematica e nella Scienza. Una qualsiasi quantità fisica reale, moltiplicata per (i) diventa immaginaria. Quindi la massa immaginaria è la massa reale moltiplicata per l'unità immaginaria (i). Se ci sono realtà in cui una parte è reale e l'altra immaginaria, ecco che viene fuori una realtà complessa. L'esempio più famoso è quello da noi già citato: lo Spazio-Tempo. Tutte le cose necessarie per descrivere il mondo possono essere reali, immaginarie e anche complesse. Chiusa la parentesi. Nel mondo a noi familiare può sembrare privo di senso pensare a masse immaginarie: si studiano teoricamente quei fenomeni fisici che nascono moltiplicando per (i) una qualsiasi quantità fisica reale. Risultato: si studiano le conseguenze “teoriche” da sottoporre alle verifiche sperimentali. Nessun filosofo, dall'alba della civiltà ai nostri giorni, aveva pensato che le masse immaginarie potessero esistere e avere un ruolo determinante per la Scienza e per la nostra esistenza. Nella Fisica Teorica c'era però un grande “guaio logico”: non si riusciva a evitare che i calcoli teorici saltassero in aria, producendo risultati infiniti, quando si tentava di introdurre nei fenomeni fisici quella fondamentale proprietà nota con il nome di “massa”. Tutta la realtà doveva essere matematicamente descritta come fosse con massa zero. Uno dei più famosi esponenti della Fisica Teorica di quegli anni, Wolfgang Pauli (Nobel), amava dire che lui sperava molto nella incapacità dei giovani teorici a risolvere il problema. Il motivo era, diceva Pauli, che “A me piacciono gli spaghetti, ma siccome di massa ne ho troppa, mi piacerebbe continuare a mangiare, almeno gli spaghetti teorici, privi di massa.” Fino al 1964 tutto ciò che esisteva (ed esiste) poteva essere descritto a una sola condizione: tutto doveva essere privo di massa. Però un piatto di spaghetti per esistere, lo ripetiamo, ha bisogno che gli spaghetti abbiano massa. E anche il Monte Bianco, così come tutta la realtà in cui viviamo e della quale facciamo parte. Nel 1964 Peter Higgs, mio collega e amico, ebbe l'idea giusta: introdurre la massa immaginaria nella struttura matematica detta Lagrangiana. Altri fisici teorici lavoravano su come superare il grande “guaio logico” prima citato. Per quale motivo? Risposta: al fine di permettere alla Fisica di potere descrivere tutto ciò che fa parte del nostro mondo e che ha massa reale: un piatto di spaghetti, gli oceani, le montagne e tante altre cose, inclusi noi stessi. A questo punto c'è bisogno di un'altra breve parentesi al fine di spiegare cos'è la Lagrangiana. Fu Lagrange a introdurre nella descrizione scientifica della realtà la “densità di energia”, che oggi porta il suo nome. In Fisica se ho l'idea di suggerire qualcosa alla quale nessuno aveva pensato, debbo sapere scrivere la “Lagrangiana” di quel fenomeno. Se non la so scrivere debbo star zitto. Non è come in altri settori dell'umano sapere in cui si può dire tutto e il suo contrario senza avere la più pallida idea di quale effettivamente sia la verità. È soltanto se so scrivere la Lagrangiana di un determinato fenomeno che posso arrivare a quale esperimento bisogna fare al fine di stabilire se la mia idea corrisponde alla realtà o se è pura fantasia matematica. Chiusa parentesi. L'introduzione della massa immaginaria nella Lagrangiana aveva (e ha) come prova sperimentale l'esistenza di una nuova particella. Ad essa venne dato il nome di “Bosone di Higgs”. Tutta la comunità scientifica polarizzò la sua attenzione su questa nuova particella. Nel 1967 un gruppo di fisici americani pubblicò un lavoro nel quale si dimostrava l'esistenza di questa tanto desiderata particella. Per essa venne scelto il simbolo S0. Lo zero indica il valore zero della carica elettrica. La lettera S sta per “scalare”, che vuol dire “pallina”. In poche parole: il Bosone di Higgs deve essere una “pallina” con carica elettrica zero. Fu così che il Bosone di Higgs venne ribattezzato S0 quando in America venne realizzata quella che sembrava dovesse essere una grande novità scientifica. Chi scrive rifece l'esperimento al CERN e dimostrò che la grande scoperta americana era sbagliata: la particella S0 non esisteva (e non esiste). Ricomincia così la ricerca del Bosone di Higgs. Uno dei più bravi fisici americani, Leon Lederman, Nobel e Direttore del più grande Laboratorio di Fisica Subnucleare d'America (il FermiLab), dedicò tutte le sue energie per cercare la prova sperimentale della esistenza del Bosone di Higgs. La quantità di lavoro fu senza precedenti nella Fisica di frontiera, il risultato zero. L'enorme impegno su questa nuova particella, totalmente sfuggita agli americani, dette a Lederman l'idea di scrivere un libro in cui propose di chiamare il Bosone di Higgs con un altro nome: “La Particella del Diavolo”. L'editore che doveva pubblicare l'opera di Lederman gli suggerì di cambiare il titolo. All'editore interessava vendere molte copie del libro. E convinse Lederman a mettere come titolo “La Particella di Dio” (God Particle). Fu così che il Bosone di Higgs divenne “La Particella di Dio”. Inutile precisare che Dio non c'entra nulla con questa definizione. Lederman era convinto che sarebbero stati necessari ancora tanti anni prima che si potesse arrivare a dimostrare sperimentalmente che l'idea della massa immaginaria nella Lagrangiana potesse essere dimostrata vera. E invece dopo pochi anni, nel 2012, venne finalmente scoperto al CERN il Bosone che Higgs e collaboratori avevano proposto mezzo secolo prima. Questa scoperta, premiata col Nobel, era (ed è) la tanto attesa prova sperimentale per potere introdurre la massa immaginaria nella “densità di energia” e permettere quindi risultati non infiniti quando si introduce la massa reale in tutto ciò che esiste e che la Fisica vuole descrivere. C'è chi dice che Lederman si sia lasciato sfuggire questa battuta: “C'è almeno un motivo per esserne entusiasti; è grazie alla particella da me correttamente battezzata che possiamo dire di sapere come mai può esistere un piatto di spaghetti”. Rimane il problema di sapere a quale nome di battesimo facesse riferimento il grande Lederman: il diavolo o Dio? Una cosa è fuori da ogni dubbio. Possono esistere – grazie alla introduzione della massa immaginaria – il piatto di spaghetti e tutte le cose a noi familiari come l'aria che respiriamo, il mare, le montagne, i fiori, e anche le cose che possono a prima vista apparire quasi prive di massa come le nuvole, e che, invece non potrebbero esistere senza massa. Questa formidabile avventura scientifica ha radici lontane. Ne riparleremo se i lettori ci faranno avere qualche notizia sul loro interesse a voler saperne di più. * Professore Emerito di Fisica Superiore nell'Università di Bologna Presidente WFS (World Federation of Scientists), Beijing–Geneva–Moscow- –New York Presidente del Centro Enrico Fermi (2001-2010), Roma

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