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"I nostri morti a Rigopiano sono vittime sul lavoro"

Ai familiari degli 11 dipendenti solo l'assegno funerario: "Non erano in vacanza. Vogliamo un vero risarcimento"

Silvia Mancinelli
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Duemilacentotrentasei euro. E tante condoglianze. Quanto vale la vita di un figlio, di un fratello, di una sorella morti sul lavoro? Di base un assegno funerario che nemmeno copre metà del costo di una cerimonia senza fronzoli e - solo per alcuni - un "vitalizio" di 500 euro al mese. A quasi un anno di di- stanza dalla valanga che ha seppellito l'hotel Rigopiano portandosi via ventinove vite, i familiari degli undici dipendenti - quelli che non erano lì per divertimento o vacanza - chiedono giustizia. «Sia chiaro - spiega Paola Ferretti, mamma del receptionist Emanuele Bonifazi - nessuna cifra mi risarcirà per la morte di mio figlio, ma ci aspettavamo il riconoscimento di una causa per morte sul lavoro. Tranne che per pochissimi, coi genitori disoccupati, siamo stati liquidati con un assegno funerario che è un'offesa. Ci hanno messo a disposizione uno psicologo a vita, altra barzelletta. La vita di mio figlio vale 2136 euro perché al momento l'Inail si basa su questa vecchia legge. Emanuele è stato costretto a restare lì, il 17 sarebbe dovuto venir via ma... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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