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Calcio, l'Antimafia lancia l'allarme: infiltrazioni nelle curve

Silvia Sfregola
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"Nessun corpo è abbastanza sano da ritenersi immune", neanche il calcio. Utilizza poche ma precise parole la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, per spiegare al termine della presentazione del rapporto "Mafia e Calcio" quale sia lo stato dell'arte dei rapporti fra il mondo del pallone e le organizzazioni criminali. Secondo Bindi da parte delle società di calcio c'è "una sorta di sottovalutazione, di negazionismo". Questo ha portato ad una serie di problemi. "Abbiamo riscontrato come ci siano nel settore del calcio delle vere zone franche come le curve negli stadi ma anche spazi economici. Zone franche che sono varchi che si aprono per l'interesse e l'insediamento delle organizzazioni criminali", argomenta infatti Bindi che spiega anche come nel corso del lavoro della commissione, oltre al già noto rapporto fra frange ultras ed estremismo politico prevalentemente di destra, ci sia anche quello con le organizzazioni mafiose. "È un rapporto che produce reciprocamente potere e prestigio", dichiara a riguardo. Per cercare di spezzare questa catena l'onorevole Marco Di Lello, membro della Commissione che ha presentato la relazione, propone un "patto" alle società. "Tolleranza zero anche nelle curve. Le società facciano una black list dove si vieta l'ingresso alle persone che non rispettano le norme comportamentali. È una scelta che possono già fare", spiega. Dall'altra parte arriva un'apertura a "limitare se non cancellare la responsabilità oggettiva" perché "in qualche modo le rende ostaggio ma le società devono fare la loro parte". Fra le proposte della commissione ci sono quelle di irrobustire il provvedimento del Daspo, introdurre il reato di bagarinaggio, inasprire le sanzioni della giustizia sportiva nei casi di match fixing e di collusioni con la mafia, ed evitare le scommesse nei campionati Dilettantistici. "Lo strumento del Daspo può essere reso ancora più efficace. Ad esempio prevedendo l'obbligo di firma obbligatorio e non facoltativo delle persone sottoposte a questa misura", argomenta a riguardo Di Lello. Discorso diverso invece per quanto riguarda l'introduzione delle celle negli stadi seguendo quello che viene comunemente conosciuto come il 'modello inglese'. "È una soluzione estrema, prima ci può essere il patto con le società. Se scelgono di negare l'ingresso a determinati tifosi non c'è bisogno di interventi come quello effettuato in Inghilterra contro gli Hooligans", conclude.

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