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Ad Amatrice via solo il 10% delle macerie

Il sindaco Pirozzi: "Ringraziamo chi ci ha aiutato. Ma lo Stato si sbrighi a rimuovere queste cataste di resti"

Massimiliano Vitelli
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Amatrice, domani. Mettere queste due parole una accanto all'altra e riuscire a leggerne un significato dà speranza, riempie il serbatoio delle energie dei tanti, tantissimi che, ogni giorno da quella notte, lì sognano solo di tornare alla quotidianità. Non come prima, certo. Perché tra le due parole il destino ci ha imposto una virgola, che la grammatica ci offre come breve pausa, e poi uno spazio. Ecco, è in quel tempo sospeso che c'è tutto il dramma, ma anche la forza, di Amatrice. Tra poche ore sarà un anno esatto da quando un improvviso boato squarciò il silenzio di una notte come tante che il destino aveva scelto per farla diventare "quella notte". Erano le 3.36 del 24 agosto 2016, un'altra estate stava per finire, mancavano solo quattro giorni alla cinquantesima edizione della sagra degli spaghetti all'Amatriciana. Ma nel buio la terra tradì la sua gente, e da quel momento tutto cambiò. Il sindaco Sergio Pirozzi è un uomo di montagna, ne ha viste tante e ha la pelle dura. "Qui non c'è rimasto nulla" disse subito dopo il disastro. "Qui ce la faremo" dice oggi a Il Tempo. "Quello che accadde un anno fa fu un terremoto materiale, ma anche umano. Non credo di sbagliare nel dire che per chi è sopravvissuto si può parlare di una seconda vita. Per tanti, purtroppo, senza alcuni cari. La solidarietà ci ha aiutato, ci ha fatto resistere quando tutto andava giù, anche il nostro morale. Voglio dire grazie a chi è venuto qui, a chi ci ha inviato aiuti economici o beni di consumo, a chi ci è stato vicino con un gesto o anche solo con una parola. Se ci siamo ancora lo dobbiamo a loro e a un'Italia che quando serve sa superare tutte le barriere ed unirsi per dare una mano a chi ne ha bisogno". Purtroppo anche le macerie ci sono ancora, la stima è impietosa. Solo il 10% è stato rimosso, il resto è... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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