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Strage Berlino, il terrorista Amri ripreso dalle telecamere alla stazione di Milano

La polizia diffonde il fotogramma del killer in fuga dopo l'attentato

Silvia Sfregola
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Indossa tre paia di pantaloni e due felpe una sopra l'altra, come chi è abituato a vivere per strada. Ha il cappuccio calato sugli occhi e sulle spalle uno zainetto, in cui tiene la pistola calibro 22 di fabbricazione tedesca che un paio di ore dopo userà per sparare agli agenti Cristian Movio e Luca Scatà della volante Alfa Sesto in piazza I Maggio, a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Probabilmente la stessa arma con a Berlino, quattro giorni prima, ha ucciso l'autista di un Tir, che fino all'ultimo ha cercato di evitare di lanciare il suo camion sulla folla di turisti e cittadini intenti a fare acquisti in un mercatino di Natale. Ma tutto questo si scoprirà solo tre ore dopo, quando la fuga del presunto killer attraverso mezza Europe terminerà in una pozza di sangue davanti a Sesto San Giovanni. Quando le telecamere della Stazione Centrale di Milano, immortalano Anis Amri nella Galleria delle Carrozze, intorno a mezzanotte e 58 del 23 dicembre, il tunisino sembra un viaggiatore come tanti. A quell'ora la linea 1 della metropolitana, che potrebbe portarlo nella "Stalingrado d'Italia" in pochi minuti, è ancora attiva. I bus sostitutivi dell'Atm, infatti, entrano in servizio solo dopo l'1.30. E Amri ha preso proprio uno di quei mezzi che percorrono il medesimo tragitto della metropolitana, che lo lascerà a Sesto alle 2.58 di mattina. Che cosa ha fatto in quelle due ore? Sono molti gli "occhi elettronici" della Stazione Centrale che lo hanno ripreso mentre passeggia all'interno dello scalo, forse in cerca di aiuto o di qualche vecchia conoscenza. Si rivolge a altri tunisini, probabilmente chiede loro indicazioni o spera nella loro solidarietà. Girovaga anche per strada, tra piazza Duca d'Aosta e piazzale Loreto, apparentemente senza una meta. Poi verso le 2.20 sale sul bus sostitutivo, che in poco più di mezz'ora lo porterà a Sesto. L'ipotesi è che proprio qui, a partire dalle 9 del mattino, dovesse prendere un pullman per il Sud Italia, da dove ripartire facilmente alla volta Nord Africa. L'autostazione del paese alle porte di Milano è meno conosciuta e frequentata rispetto agli hub di Cascina Gobba e Lampugnano e Amri avrebbe certamente dato meno nell'occhio. A suggerirgli questa via di fuga più discreta, potrebbe essere stato qualcuno che il presunto terrorista tunisino ha incontrato proprio nelle ore trascorse in Centrale. Ma c'è di più. L'uomo, che era partito verso le 15.30 dalla stazione di Lione Part Dieu a bordo di un Tgv, ed è passato da Chambery, è sceso dal treno ad alta velocità a Bardonecchia, subito dopo aver varcato il confine con l'Italia. Sono le 19.13 quando Amri si ferma nella piccola stazione, probabilmente per evitare i controlli. E dovrà aspettare un'altra ora prima di salire a bordo di un convoglio della linea Sfm3 del Servizio Ferroviario Metropolitano, che collega Bardonecchia a Torino Porta Nuova. Gli investigatori stanno interrogando il personale di Trenitalia di servizio la sera del 22 dicembre nella stazione in cerca di altri particolari utili alle indagini. A Torino Amri dovrà aspettare un'altra ora prima della coincidenza con il treno regionale che lo porterà a Milano intorno a mezzanotte e quaranta. Un lungo viaggio, dunque, durante il quale il presunto killer di Berlino, a quanto è emerso finora dalle indagini, non si sarebbe fermato in nessun internet cafè né avrebbe telefonato o incontrato eventuali complici, in grado di aiutarlo a coprire le sue tracce. Nel suo zaino, dopo la sparatoria, gli agenti non hanno trovato nessun cellulare, ma solo una sim card, omaggio di un operatore olandese, ancora inutilizzata. Durante la fuga, però, l'uomo, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe utilizzato almeno due schede telefoniche, una tedesca e una tunisina, con cui avrebbe contattato, tramite la app Telegram, alcuni fiancheggiatori.

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