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Il passato senza memoria dell'ex camerata «Rosario»

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Il giovane universitario fascista con il pugno chiuso. Per quanto possa sembrarci strano, Rosario Bentivegna, il responsabile dell'attentato di via Rasella a Roma ha vestito anche l'uniforme da...

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Il giovane universitario fascista con il pugno chiuso. Per quanto possa sembrarci strano, Rosario Bentivegna, il responsabile dell'attentato di via Rasella a Roma ha vestito anche l'uniforme da fascista. Lo ha fatto durante la guerra militando nell'organizzazione universitaria dei giovani fascisti, i Guf. A questa organizzazione hanno dato il loro contributo il fior fiore della futura classe dirigente del Partito comunista italiana. Giorgio Napolitano fu il corrispondente di una rivista dei Guf al festival del cinema di Venezia del 1942. Per giustificare questa appartenenza nera molti futuri comunisti hanno dichiarato che quello era un modo per partecipare a una sorta di fronda interna contro il regime fascista. Ma la foto che ritrae Rosario Bentivegna con la divisa dei Guf, se rivista oggi, lascia di sasso tutti gli antifascisti di professione. La biografia del compagno Bentivegna ci svela che il giovane militante di sinistra entra nelle organizzazioni trotchiste alla vigilia dell'introduzione delle leggi razziali in Italia. Tuttavia, nonostante il ribrezzo per il regime fascista, Bentivegna non esita a vestire l'uniforme da giovane universitario fascista. All'indomani dell'operazione Barbarossa, il compagno Bentivegna partecipa a una manifestazione dei giovani universitari fascisti che, il 23 giugno 1941 si schierano contro l'abolizione della norma che consentiva agli studenti in regola con gli esami, di ritardare la chiamata militare. Ma la foto qui sotto parla chiaro. Il giovane Bentivegna appare sul palco della manifestazione con alle spalle il busto del Duce. Peccato che l'adesione di Rosario Bentivegna al Partito comunista italiano, (stavolta in qualità di marxista) avvenga solo nel 1943, due anni dopo quella manifestazione nella quale aveva proposto di lasciare i giovani universitari fascisti a casa mentre i poveri figli di operai andavano al fronte per combattere la guerra voluta dal regime fascista. Il resto della storia è noto a tutti. Ma questo episodio e il fattaccio del 5 giugno 1944 vengono immediatamente dimenticati per far spazio all'eroe comunista che combatte da solo l'occupazione nazista. Questa foto verrà tirata fuori dal settimanale «Il Borghese» nel 1960, quando viene inaugurata la rubrica «Caccia al fascista». In questa rubrica viene svelata l'appartenenza di molti esponenti democratici al regime fascista. Ma c'è anche un altro episodio che forse non tutti ricordano. Quando le vittime della strage delle Fosse Ardeatine intentano un processo nei confronti di Bentivegna, l'eroe della Resistenza dichiara: «Ho saputo dell'eccidio delle Fosse Ardeatine solo dopo che era stato commesso. Non credo che se mi fossi costituito la rappresaglia non sarebbe avvenuta. Ad ogni modo il partito mi impedì di costituirmi». Ma ben presto questa dichiarazione si rivela un falso. Su «L'Italia monarchica» del 10 febbraio 1949, l'autore Massimo De Massimi, che ospitava il Bentivegna e altri esponenti della lotta antifascista nella sua abitazione, la sera stessa dell'attentato chiede conto all'esponente comunista se è lui il responsabile di quell'atto contro le truppe tedesche presenti nella città aperta di Roma. Bentivegna ammette di essere l'autore dell'attentato. E tra i due scoppia uno scontro verbale durissimo. Bentivegna risponde: «A' la guerre comme à la guerre!». Ma la seconda parte della risposta è l'episodio più sconcertante di tutta questa vicenda comunista: «Sono un marxista, caro mio, e come tale devo conservare la mia vita per la causa. Quella degli altri conta fino a un certo punto». Queste parole, riportate a pagina 37 del libro «Camerata dove sei?», pubblicato nel lontano 1976 dalla casa editrice B&C, conferma l'inutilità di quell'attentato in una città aperta e che non era teatro di operazioni belliche. Sarà molto difficile che qualcuno si prenda la briga di commentare queste parole o di dare la propria valutazione su questo comportamento dettato dall'ideologia. Ma chi oserà farlo sfiderà una vulgata che non vuole conoscere alcuna voce fuori dal coro e che si ispira all'obiettività dei fatti storici.

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