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La comprensione del Papa per chi abortisce o è gay

Udienza generale di Papa Francesco

In una lunga intervista al direttore della Civiltà Cattolica Bergoglio definisce se stesso «un peccatore al quale il Signore ha guardato». «Vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia»

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Trenta pagine di intervista, frutto di sei ore di colloquio con padre Antono Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, la prestigiosa rivista dei gesuiti. Un'intervista pubblicata anche su altri 16 periodici della Compagnia in cui Papa Francesco parla di se stesso e stila un «manifesto programmatico» del suo pontificato. Jorge Mario Bergoglio parla anche di passioni artistiche, citando tra i suoi autori preferiti Mozart, Caravaggio e Federico Fellini e traccia un identikit inedito di se stesso. «Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato» dice in apertura e racconta come il suo «modo autoritario e rapido di prendere decisioni» lo abbia portato ad avere «seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore. Non sono stato certo come la Beata Imelda ma non sono mai stato di destra». Un'esperienza difficile che oggi mette a frutto: ricordando il suo ministero episcopale in Argentina, dice di aver capito quanto sia importante la consultazione: «I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali». Quanto ai dicasteri romani sottolinea: «Sono mediatori, non gestori». Il Papa sogna «una Chiesa Madre e Pastora. La Chiesa è feconda, deve esserlo. Quando mi accorgo di comportamenti negativi di ministri della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente è: ecco uno scapolone, o ecco una zitella. Non sono né padri, né madri. Non sono stati capaci di dare vita». E poi: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto». Il Papa ha affrontato anche questioni delicate come aborto, gay, divorziati risposati. «Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell'uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia». La Chiesa non condanna gli omosessuali, «la religione ha il diritto di esprimere la propria opinione al servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l'ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile». Il confessionale «non è una sala di tortura ma il luogo della misericordia nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Una volta una persona in maniera provocatoria mi chiese se approvavo l'omosessualità. Io allora le risposi con un'altra domanda: Dimmi: Dio quando guarda a una persona omosessuale ne approva l'esistenza con affetto o la respinge condannandola? Bisogna sempre considerare la persona». E Francesco pensa anche «alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L'aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?». Tutto questo senza ribadendo però che non sono temi di cui parlare in continuazione: «il parere della Chiesa lo si conosce e io sono figlio della Chiesa». Francesco piuttosto vuole che si torni a mettere in primo piano l'«annuncio della salvezza». Sul ruolo della donna Francesco si è soffermato a lungo: «Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa».

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