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Festa, De Luca e l'ignobile show di una politica vuota

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Sono nato nel 1980 ad Avellino, terra di smisurate passioni calcistiche, ottimi vini e dinosauri della politica. Dal 2006 vivo a Roma e due anni dopo ho cominciato a scrivere per “Il Tempo”. Di politica e dei suddetti dinosauri. Mi piace raccontare tutto ciò che gravita intorno al “Palazzo”, grandi ideali e piccole miserie umane. Alcune delle storie in cui mi sono imbattuto le ho poi raccolte in un libro: “State sereni. L'Italia è una Repubblica fondata sul tradimento”. Si parlava, manco a dirlo, di voltagabbana. Amo la musica, il cinema e la letteratura. Odio chi ha solo certezze, stimo chi semina dubbi. Se ne cercate qualcuno siete i benvenuti a Velenitaly

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Provocano un profondo disagio le immagini del sindaco di Avellino Gianluca Festa mentre arringa la folla e dirige i cori dei giovani contro la vicina Salerno e contro il governatore campano Vincenzo De Luca.

Sì, perché se si trattasse di un episodio singolo, si potrebbe derubricare tutto a una notte di follia di un semisconosciuto amministratore. Ma il comportamento di Festa è solo l’ultimo esempio - anche se il più degradante - della trasformazione dei politici in showmen. Una tendenza che nel lungo lockdown dovuto all’epidemia da Coronavirus è deflagrata senza limiti.

Un tempo ci facevamo bastare il vaffa di Grillo o le citofonate di Salvini. Ma almeno quelli erano personaggi di rilevanza nazionale. Oggi persino il sindaco dell’ultimo paesino della provincia di Caltanissetta si sente in diritto di mettere in mostra le proprie dubbie capacità comiche in dirette Facebook sempre più sconclusionate. E l’obiettivo, da Salvini allo sceriffo De Luca, è sempre lo stesso: nascondere il nulla della politica sotto il gran fumo della comunicazione.

Ormai giudichiamo positivamente un amministratore, vedi il caso di De Luca, da quanto ci fa sorridere, dal fatto che le sue dirette sono più seguite di quelle di Trump, da quanto è stato convincente nel chiuderci in casa. E tutto ciò ci distrae dall’interrogarci sulle vere questioni. Perché la sanità italiana, da alcuni decenni sotto la responsabilità delle Regioni, era così disastrata da non poter affrontare il Coronavirus senza un lunghissimo lockdown? Perché, dopo aver impegnato venti miliardi in tre anni per il reddito di cittadinanza, oggi lo Stato non ha i soldi per sostenere chi rischia di chiudere la propria attività lavorativa? Perché, dopo aver mandato migliaia di medici in pensione con Quota 100, oggi siamo costretti a richiamarli in corsia?

Niente, di quello che è realmente “politica”, ha più significato. Conta solo l’ammuina, per dirla alla De Luca o alla Festa. Non la visione di lungo periodo, ma solo la visione di un video su Facebook, di una story su Instagram, magari di un balletto su Tiktok. Il sonno della ragione genera mostri, quello della politica genera Festa.

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