
Il sogno di Alex Britti: "A Caracalla un duetto con Renato Zero"

Prima «Oggi sono io» con Marco Mengoni. Dal 13 giugno anche «Solo una volta» con Clementino. Alex Britti prosegue nel suo percorso di rilettura in duetto dei brani dell’album «It.Pop» che lo lanciò 27 anni fa. Il progetto «Feat.Pop» avrà il suo apice nel live in programma il prossimo 22 giugno alle Terme di Caracalla di Roma dove Britti si esibirà sul palco accompagnato da tanti amici.
Alex Britti, dopo Mengoni perché ha scelto anche Clementino per duettare su «Solo una volta»?
«C’è sempre stata grande empatia tra noi. Quando gliel’ho proposto ha fatto letteralmente i salti di gioia. Per riarrangiare il brano abbiamo lavorato nel suo territorio. Nei miei brani non voglio solo la voce ma sentire anche il clima legato ai miei ospiti. Sia a Mengoni che a Clementino ho lasciato carta bianca. Quando poi arriva la mia chitarra diventa tutto riconoscibile».
Qual è stato il vostro punto di incontro musicale?
«Sono sempre stato arrapato da tutti i tipi di musica. Al di là dei generi, esiste musica bella e musica brutta. Tutto parte dal blues che poi si è trasformato in funk, hip hop e rap. È come un cerchio che si chiude».
Chi ci sarà ospite con lei sul palco delle Terme di Caracalla?
«Sicuramente ci sarà Clementino con cui suoneremo "Solo una volta" e anche altre cose».
Con chi sogna di duettare su quel palco?
«Il mio duetto da sogno è quello con Renato Zero. Gli ho anche mandato un messaggio. Sono stato già suo ospite al Circo Massimo. È il primo artista che ho visto dal vivo e poi ha avuto una carriera pazzesca. I suoi primi dischi, quelli degli anni Settanta, li ho letteralmente consumati e li ascolto ancora oggi».
Si considera un «sorcino»?
«Sorcino forse no ma ricordo ancora il suo primo concerto che ho visto. Era al Teatro Tenda a Strisce sulla Cristoforo Colombo e lui aveva appena pubblicato "Mi vendo". Ma ricordo anche i tantissimi sorcini accampati per settimane a piazza Mancini dove c’era il secondo Tenda a Strisce».
Lei è nato a Roma, cosa vuol dire per lei suonare sul palco di Caracalla?
«A Roma ormai è l’unico posto in cui non mi sono ancora esibito. È un luogo meraviglioso che celebra l’artista che ci suona. Lì diventa tutto più bello. C’è un’energia particolare che senti addosso appena sali sul palco».
Sono passati 27 anni dall’uscita di «It.Pop» con cui ha raggiunto il grande successo. Cosa ricorda di quel periodo?
«Mi piace festeggiare il mio non-anniversario. All’epoca il successo mi ha colto completamente alla sprovvista. Per anni ho fatto la spola tra Europa e Italia per cercare la mia strada di musicista. Poi ho deciso di fermarmi perché altrimenti non sarei riuscito a mettere radici. Nell’estate del ’98 ero in tournée come chitarrista di Irene Grandi e vedevo il brano "Solo una volta" salire nelle classifiche ogni settimana di più. A un certo punto, alla fine dei concerti, dovevo andar via con Irene perché ormai mi riconoscevano tutti. Poi mi sono trasferito a Milano per fare la nuova popstar. Ed è iniziato il vero frullatore».
A proposito di frullatore, capita sempre più spesso che le giovani popstar entrino in crisi esistenziale e si ritirino temporaneamente dalle scene. Cosa ne pensa?
«È un fenomeno molto diffuso. Non riguarda solo Angelina Mango e Sangiovanni. Quando esci da un talent show, i fan per strada ti riconoscono e ti acclamano. Poi, però, può capitare che, all’improvviso, l’effetto talent finisca. E ci sono alcuni ragazzi che non ce la fanno e vanno in analisi. Hanno mangiato miele e gliel’hanno tolto. Tutto questo accade perché manca una vera preparazione. Non puoi andare all’università senza aver fatto prima le scuole medie e il liceo. Le scorciatoie non ti aiutano mai».
Qual è la differenza rispetto agli anni in cui ha cominciato lei?
«Fino a 30 anni fa c’erano tanti piccoli locali sparsi sul territorio dove si poteva fare la gavetta dal vivo. Oggi, invece, il debutto si fa su Instagram registrando video in casa, nella propria cameretta. E i pochi locali rimasti ti chiamano solo se hai abbastanza follower e un progetto già ben riconoscibile».
A Sanremo manca da un po’. Vorrebbe tornare sul palco dell’Ariston?
«A Sanremo non mi vogliono. Ho mandato brani sia ad Amadeus che a Carlo Conti ma pago lo scotto di non essere con una major. La mia è un’etichetta davvero indipendente. Non ho merce di scambio e questo rallenta tutto il processo. Ormai è un Sanremo a circuito chiuso in cui sono presenti sempre gli stessi manager e le stesse case discografiche. Ma sono contento lo stesso. Si vive bene anche senza Sanremo. Anzi. Ho recuperato un po’ di vita personale».
In queste ore è al centro delle cronache anche per la sua ex moglie e per il caso del baby monitor con cui è stato spiato in casa. Come sta vivendo tutto questo?
«Non voglio dire niente sulla vicenda che mi vede coinvolto con la mia ex moglie perché in ballo c’è mio figlio e voglio proteggerlo. È una storia brutta e complicatissima. Oltretutto ci sono ancora indagini in corso».
Oggi com’è il suo rapporto con suo figlio?
«Ascoltiamo tanta musica insieme e in particolare Alfa. La nostra canzone preferita è "Il filo rosso". Con lui suono la chitarra, le canzoni di Alfa sono le più suonabili e mi piace molto. È genuino. Lo trovo molto pulito, scrive canzoni dirette, abbiamo una similitudine: nasconde una profondità sana e quello che sembra banale è solo che ha 23 anni e parla come un ragazzo di quell’età. Quando ho avuto modo di parlare con lui mi ha detto che ascolta da sempre la mia musica e lo sento nei suoi pezzi. Così come accade anche con Franco 126».
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