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Little Tony, da 10 anni il rock and roll senza il ragazzo col ciuffo

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Rock and roll, l'onda lunga si fa sentire ancora. La rivoluzione di suoni e stili scoppiata a cavallo tra gli anni ’50 e i ’60 del secolo scorso non finisce di stupire. In Italia uno dei suoi interpreti principali fu l’indimenticato Little Tony che seppe incarnare lo spirito dell’epoca. Insieme ad Adriano Celentano, l’«Elvis italiano» contribuì a importare i ritmi che imperversavano oltreoceano. «Riderà», «Cuore matto», «24 mila baci», «La spada nel cuore», «Bada bambina» e «Il ragazzo col ciuffo» sono solo alcuni titoli di una carriera che, tra alti e bassi, è durata più di 50 anni. E ne sono trascorsi già dieci dal 27 maggio 2013 quando il suo cuore matto si è fermato davvero. Antonio Ciacci (questo il vero nome) morì a 72 anni nella clinica romana Villa Margherita dove era ricoverato a causa di un tumore ai polmoni. Solo pochi giorni prima aveva fatto la sua ultima apparizione in tv nel programma «I migliori anni» di Carlo Conti, cantando «Riderà» e «Cuore matto». Davanti alle telecamere aveva ricordato il giorno in cui andò a fare le prove per incidere quella che considerava solo una «canzoncina». Dopo la registrazione si sedette e, dietro di lui, sentì una voce che gli diceva: «Hai una canzone che venderà milioni di dischi, è un’idea fantastica!». Era la voce di Domenico Modugno.

La fortuna di Little Tony iniziò, però, in Inghilterra, Paese che lo accolse e dove imparò tanto. Durante uno spettacolo al Teatro Smeraldo di Milano venne notato da un impresario inglese, Jack Good, che lo convinse a partire per Londra con i suoi fratelli. Lì nacque il nome d’arte Little Tony come omaggio a Little Richard e prese forma il gruppo «Little Tony and his brothers». Gli spettacoli ebbero un successo tale da indurlo a rimanere in Inghilterra per alcuni anni. «A 16 anni sono andato a Londra a misurarmi con gente come Cliff Richard - raccontò in un’intervista - Ero senza una lira e non conoscevo una parola di inglese. Prendevo il treno a carbone e andavo a Manchester da dove andava in onda il programma “Boys meet girls” che ha fatto la storia del rock in tv. L’anno dopo il programma si intitolava “Wham!” - è da qui che George Michael prese il nome della sua prima band - e io ero ospite fisso. Uno degli autori di Elvis scrisse per me “Too Good” che nel 1959 arrivò nella top 20 inglese. A quell’epoca pensavo soltanto a cantare in inglese e mi scrivevano le fonetica cioè come dovevo pronunciare le parole e fin lì andava tutto bene. Ma quando il conduttore mi intervistava, potevo solo guardarlo negli occhi e dirgli: "Yes". Credetemi: non parlavo una parola di inglese».

Ricco di soddisfazioni fu anche il suo rapporto col cinema. Nel periodo magico degli anni Sessanta interpretò ben 14 musicarelli. Non solo cantante, dunque. Il giovane Ciacci recitò in un gran numero di film tra cui «I teddy boys della canzone», «Rocco e i suoi fratelli», «Donne…botte e bersaglieri», «W le donne». Ma fu tenuto in considerazione anche oltre il suo periodo d’oro. Fino a recitare per altri registi importanti come Ken Loach che lo scelse per «Piovono pietre». Negli ultimissimi anni prese parte anche a commedie più leggere come «Vita smeralda» di Jerry Calà e al secondo capitolo de «L’allenatore nel pallone». L’amore del pubblicò non lo abbandonò mai, trasformando il ragazzo col ciuffo in uno dei simboli eterni della rinascita italiana a ritmo di rock and roll.
 

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