Sigfrido Ranucci, lezione alle toghe dell'Anm: "No alla riforma e alle correnti"
Il giornalista Rai si schiera apertamente contro la separazione delle carriere. La bacchettata ai magistrati: «Le divisioni sono un vizio politico che toglie fiducia»
Dopo le polemiche e le accuse incrociate tra il Garante della Privacy e Sigfrido Ranucci, che hanno animato non solo le ultime ore del conduttore di Report, ma più in generale il dibattito politico italiano, ieri il giornalista è stato ospite in due eventi piuttosto rilevanti. Prima, è intervenuto all’assemblea generale convocata dell’Associazione Nazionale Magistrati; poi, nel pomeriggio, ha preso la parola durante la manifestazione indetta dalla Cgil.
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Nell’intervento andato in scena alla Cassazione, Ranucci ha toccato diversi temi, sia relativi alla sua vicenda personale e personale, sia sul tema della giustizia, in particolare sulla riforma voluta dal Governo Meloni sulla separazione delle carriere, ma anche sul ruolo e sull’immagine che dà di sé all’esterno l’associazione dei magistrati. Non prima, però, d’incassare una fragorosa standing ovation da parte dei presenti, alla quale ha ironicamente risposto: «Credo che questo sia l’applauso più lungo tributato a un plurindagato», alludendo alle querele che ha ricevuto, argomento sul quale peraltro tornerà più avanti nel corso del suo intervento.
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Ovazioni a parte - certamente legittime, ma di cui qualcuno potrebbe discutere l’opportunità, visto il contesto -, il giornalista ha voluto dare un, per così dire, suggerimento all’Anm, specie sulla questione legata alle correnti che da sempre «agitano» le posizioni dell’associazione. Un messaggio, come lui stesso lo ha definito, «di unità critico ma anche inclusivo, perché altrimenti non sarei Sigfrido Ranucci». «Sono qui perché mi hanno invitato e sono venuto perché credo che sia importante in questo momento mandare un messaggio alla all’Associazione nazionale dei magistrati», ha spiegato il giornalista. Ovvero, precisa poi, «che sia importante essere uniti. Secondo me l’Associazione nazionale dei magistrati deve cominciare a ragionare in maniera meno correntizia: è un vizio politico quello delle correnti e il cittadino deve recuperare fiducia nella magistratura». Parole senz’altro franche, quelle pronunciate dal giornalista, il quale ha evidenzia la problematicità di avere all’interno della magistratura una serie di correnti politiche che, in effetti, alla fine hanno minato e continuano a minare la fiducia dei cittadini nella categoria.
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Subito dopo la «sferzata», Ranucci decide di dire la sua proprio sulla riforma della giustizia, schierandosi, come prevedibile, apertamente tra i contrari all’iniziativa dell’esecutivo. «Io sono contrario alla separazione delle carriere perché in tutti i Paesi dove c’è la separazione delle carriere, il pm poi alla fine è sottoposto al potere politico ha dichiarato. Noi abbiamo bisogno di poteri divisi che si facciano da contrappeso e solo così si può far funzionare la macchina democratica».
Un’analisi che appare discutibile sotto molteplici punti di vista, ma che non stupisce: la posizione di Ranucci sul tema - e, a latere, sul governo Meloni - è ben nota. Infine, il giornalista Rai ha toccato anche il tema querele, molto dibattuto negli ultimi giorni dopo l’attentato subito. «Io non voglio che ritirino le querele, voglio vincere sul campo, non per assenza di giocatori», ha ammesso.
Aggiungendo poi: «Basterebbe approvare la legge sulle liti temerarie, perché quella che c’è adesso non mi sembra funzioni granché» e concludendo che «se un politico denuncia un giornalista, sapendo che quello che il giornalista ha detto è vero, poi paghi. E paghi anche salato».
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