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Papa Francesco in piazza e le paure dei medici: "In mezzo alla gente rischio di contagio"

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Francesco Capozza
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Raccontano che ieri mattina, quando il professor Sergio Alfieri, direttore del dipartimento chirurgico del policlinico Gemelli e medico curante di Papa Francesco, è stato informato della volontà del Santo Padre di scendere in Basilica e successivamente di andare anche in Piazza San Pietro per un saluto alle migliaia di pellegrini giunti per il Giubileo dei malati, sia trasecolato. Non solo, pare che il professore abbia cercato di dissuadere in tutti i modi possibili l’augusto paziente dal compiere questo gesto rischioso, prospettandogli finanche la possibilità che un’azione del genere avrebbe potuto vanificare tutti gli sforzi medici fatti nelle ultime settimane. La reazione di Alfieri è più che comprensibile, qualsiasi medico avrebbe sconsigliato ad un paziente così anziano - e ancora non del tutto guarito dall’infezione alle vie respiratorie e dalla polmonite che lo hanno simultaneamente colpito a metà febbraio - di avvicinarsi così tanto ad altre persone. Certo, la folla era a debita distanza, ma sul sagrato della Basilica di San Pietro erano comunque assiepati centinaia tra sacerdoti, suore, monsignori, vescovi e cardinali ed ognuno di essi, come chiunque d’altronde, è portatore sano inconsapevole di germi e batteri.

 

 

Se non si fosse trattato del Papa, di questo in particolare che prende ogni singola decisione da sé senza ascoltare nessuno, i medici avrebbero senz’altro impedito al paziente di compiere un gesto sì pieno di significati, ma altrettanto di possibili pericolosissime ripercussioni sul suo stato di salute generale già molto fragile e in parte compromesso. D’altronde Bergoglio è fatto così: quando decide una cosa la fa e non ci sono ragioni che riescano a distoglierlo dal proprio intendimento. Così come spesso accede che, quando gli uffici preposti annunciano in anteprima una possibile eventualità, vengono poi smentiti dal pontefice in persona che decide di fare tutt’altro. È accaduto anche ieri, in occasione dell’Angelus domenicale. Non più tardi di venerdì la sala stampa aveva comunicato informalmente che in questa occasione il Papa si sarebbe mostrato quanto meno per la benedizione finale, probabilmente in video da Santa Marta oppure dalla finestra del suo studio al terzo piano del palazzo Apostolico. Invece Bergoglio, sorprendendo tutti, è sceso in Piazza San Pietro poco dopo le 11 per un breve saluto e un ringraziamento ai tantissimi fedeli convenuti per poi far rientro a casa ben prima di mezzogiorno, consueto orario dell’Angelus.

 

 

Ad ogni buon conto, la breve apparizione del pontefice convalescente proprio nella giornata del Giubileo dei malati è un gesto denso di significati, come sottolinea anche don Carmine Arice, Padre generale del Cottolengo ed ex presidente dell’Ufficio nazionale per la pastorale della Salute della Cei. Per Arice quello del Papa è stato «un grande e alto atto di magistero e di amore», ma anche «un’immagine molto bella: al di là del ruolo che abbiamo nella vita, la fragilità tocca tutte le persone e questo essere malato tra i malati ce lo ha fatto sentire ancora più vicino. Come Gesù Cristo non si è presentato come superuomo ma come super amore». Non un gesto da superuomo quindi, ma un po' azzardato certamente sì. Con buona pace dell’équipe medica che aveva fortemente sconsigliato il pontefice di compierlo.

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