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Bari, ospedaletto pediatrico trasferito: è bufera su Emiliano

Elena Ricci
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Hanno deciso di scorporare l’ospedaletto pediatrico Giovanni XXIII di Bari dal consorzio universitario del locale Policlinico, per farlo transitare nell’azienda sanitaria locale già in sofferenza per l’assenza di personale medico, in attesa che questo diventi un ente autonomo di ricerca. La Giunta regionale guidata da Michele Emiliano, ha lasciato ai suoi consiglieri «libertà di coscienza» sul voto che il 18 dicembre scorso ha sancito definitivamente il passaggio dell’ospedaletto dal Policlinico all’azienda sanitaria locale barese, con decorrenza dal 1° gennaio. Parliamo di un vero e proprio centro di eccellenza, l’unico al sud Italia, specializzato in malattie metaboliche rare, endocrinologiche e diabete. Un centro che adesso si trova a un bivio, perché il perimetro entro il quale definire il passaggio nella Asl non è ancora chiaro, richiede tempo e organizzazione e soprattutto perché non è stato definito un piano ospedaliero che chiarisca quali delle unità operative complesse resteranno in capo al Giovanni XXIII e quali in capo al Policlinico.

 

 

 

Allo stesso modo la questione Dicembre Il giorno in cui la giunta della Regione Puglia ha votato la delibera che trasferisce parte dell’ospedale alla Asl di Bari riguarda il personale medico, con il rischio piuttosto concreto che la cattedra di pediatria e quindi gli universitari, restino in capo al Policlinico in quanto consorzio universitario. Insomma, un bel dilemma che oltre a gettare nello sconforto medici e infermieri che ancora non conoscono le condizioni e i cambiamenti a fronte della delibera di Giunta regionale, preoccupa molto le famiglie dei tanti piccoli pazienti che sono in cura al nosocomio. «L’ospedale Giovanni XXIII e il suo staff medico hanno salvato mia figlia e continuano ancora oggi a curarla e a seguirla come se fosse figlia loro», racconta Michele, papà di Rebecca, una bimba tarantina di 6 anni alla quale è stato diagnosticato il diabete autoimmune di tipo 1 alla nascita. La bimba poco dopo essere venuta al mondo fu trasferita d’urgenza all’ospedaletto pediatrico di Bari a causa di una anomala iperglicemia. Qui la diagnosi di diabete neonatale con il relativo piano terapeutico che continua ancora oggi.

 

 

 

Una situazione che non riguarda solo la piccola Rebecca e i suoi genitori, ma tantissimi bambini pugliesi, calabresi e lucani che hanno come riferimento l’ospedaletto pediatrico barese. Una struttura di eccellenza ma che soffre il blocco del turn over, perché i pensionamenti non vengono rimpiazzati e che soprattutto vede carenza di personale medico, infermieristico e di supporto, nonché la più grave, di diabetologi. Per quanto riguarda la diabetologia, fino al 2019 c’era un solo medico per centinaia di piccoli pazienti.
Ad oggi, nel 2025, sono solo due i medici a fronte di oltre 600 piccoli pazienti diabetici. Dottori costretti a rispondere alle emergenze delle famiglie anche fuori dall’orario di lavoro, quando non sono di turno o reperibili, perché non c’è nessun altro e perché le esigenze di un paziente affetto da diabete autoimmune di tipo 1, non possono mai essere sottovalutate. Solo nel 2024, con gli screening neonatali sono state scoperte 28 malattie metaboliche e circa 147 esordi di diabete. Numeri che ancora oggi, non hanno portato ad un incremento adeguato della pianta organica. L’appello dei genitori di Rebecca, così come quello di tante altre famiglie, è che siano stanziati fondi per supportare il lavoro di medici e infermieri e che sia attivata in Puglia la legge 115/87 sul piano nazionale del diabete, affinché sia prevista una rete strutturata di assistenza specialistica per i tanti piccoli che ogni anno approdano al Giovanni XXIII.

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