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Regione Lazio, incubo morbillo: maglia nera italiana

Antonio Sbraga
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La crescita del morbillo torna ad «ammorbare» la penisola: nel primo trimestre sono stati registrati 213 contagi, di cui 64 nel Lazio che, contando il 30% dei casi nazionali, ha anche la maglia nera dell’incidenza. Nella Regione, infatti, risulta tre volte più grande della media italiana (44,9 casi per milione di abitanti a fronte dei 14,5 del resto del Paese). Colpa del primo picco registrato a febbraio (24 casi), quando il Lazio ha quasi quadruplicato i 7 segnalati a gennaio. Ma anche il mese scorso c’è stato un nuovo incremento del 40% con i nuovi 33 casi registrati. Nel bollettino nazionale, stilato dal Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che «l’età mediana dei casi segnalati è pari a 31 anni (range: 0- 69 anni) e tre quarti dei casi (74,2%) ha un’età compresa tra 15 e 64 anni. L’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (63,3 casi per milione), seguita dalla fascia 15-39 anni (28,3 casi per milione)». Tanti, quindi, anche i casi che riguardano gli adulti.

 

 

Decisamente troppi secondo il primario di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, che avverte: «La popolazione colpita è non vaccinata o con una sola dose, tra 15 e 40 anni, una fascia già messa in evidenza dal report dell’Ecdc che aveva registrato 30 mila casi nel 2023. Mi colpisce che nessuno si preoccupi per le complicazioni: non è una malattia tranquilla e gestibile, se la prendi in età adulta può essere grave e dare complicazioni». Infatti, sottolinea l’Iss, «56 casi (26,3%) hanno riportato almeno una complicanza. Le complicanze più frequentemente riportate sono state epatite/aumento delle transaminasi e polmonite. È stato segnalato un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato». Per l’infettivologo genovese i dati del primo trimestre fanno paventare l’avvio di «un’epidemia: abbiamo numeri significativi, 213 casi in 3 mesi, rispetto al 2023 con pochi casi. È solo l’inizio, il peggio deve arrivare e temo che sarà a cavallo dell’estate». Davanti al boom registrato il mese scorso, con gli 86 casi di marzo, aumentati del 150% rispetto ai 34 di gennaio, per il professor Bassetti ormai non c’è altra strada da imboccare che «la vaccinazione, è questo lo strumento di protezione che il Servizio sanitario nazionale deve mettere in campo. Non è più iniziativa del singolo, ma serve l’intervento dello Stato che deve tutelarsi con le vaccinazioni».

 

 

Anche per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, «essendo il morbillo una malattia con un indice di trasmissibilità R0 molto alto (ogni caso ne può generare 13-15), e avvenendo il contagio attraverso il respiro, l’unica strategia è la vaccinazione». Secondo il virologo lombardo occorre «recuperare le seconde dosi mancate per quanto riguarda i giovani», mentre «fra gli adulti bisogna puntare ai soggetti più esposti, come insegnanti e operatori sanitari. Sicuramente vediamo una situazione legata al calo della copertura vaccinale». Il bollettino dell’Iss conferma: «Lo stato vaccinale è noto per 187 casi su 213 (87,8%), di cui 165 casi (88,2%) erano non vaccinati al momento del contagio, 11 casi erano vaccinati con una dose, nove casi con due dosi e per due casi non era noto il numero di dosi effettuate». Quasi la metà, nel 48,8% dei casi sono stati ricoverati (104): 20 casi si sono verificati a seguito di trasmissione in ambito nosocomiale, 19 in ambito lavorativo, 13 casi durante viaggi internazionali e 6 in ambito scolastico. Undici dei casi segnalati sono operatori sanitari, di cui 6 non vaccinati».

 

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