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Giulia Cecchettin, la sinistra piomba sul corteo: è un raduno contro il governo

Dario Martini
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Doveva essere una manifestazione in difesa delle donne e contro i femminicidi. Invece si è rivelata per quello che è: un raduno contro il governo che finisce per sconfinare anche nel sostegno al popolo palestinese e contro Israele. Basta leggere il manifesto di «Non una di meno», l’organizzazione che ha indetto per oggi a Roma il corteo che dal Circo Massimo sfilerà fino a piazza San Giovanni. Una manifestazione a cui ha aderito anche la Cgil.

 

Si tratta del corteo a cui potrebbe partecipare anche Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la ragazza uccisa con 22 coltellate per cui è stato arrestato l’ex fidanzato Filippo Turetta. Ecco alcuni estratti del manifesto di «Non una di meno», che si definisce «movimento transfemminista»: «Il governo Meloni ha prodotto un contrasto solo formale e sensazionalistico a questi fenomeni, inasprendo le pene, strumentalizzando gli stupri di Palermo e Caivano, militarizzando il linguaggio e i territori considerati "problematici" a causa della povertà e della marginalità sociale, evidenziando ed accrescendo un antimeridionalismo sempre più feroce e discriminatorio. Il governo tace invece sulle misure reali per il contrasto alla violenza, come il reddito di autodeterminazione, l’allargamento dei criteri di assegnazione per le case popolari e, più in generale, le garanzie per il diritto all’abitare».

E ancora: «La legge sulla educazione all’affettività annunciata da Valditara – assolutamente inadeguata per come è concepita- torna ad essere in queste ore terreno di dibattito politico tra governo e opposizione. Ciò che vediamo è che le forze di destra e conservatrici, in aperta complicità con i gruppi anti-gender e anti-scelta, sferrano attacchi continui contro l’educazione alle differenze, all’affettività e al consenso nelle scuole». I manifestanti protesteranno anche per l’«accesso negato all’aborto», per l’«attacco spietato alle famiglie omogenitoriali da parte del governo». L’esecutivo viene ritenuto colpevole anche perché «partecipa in prima fila e finanzia l’escalation bellica, con la produzione e invio massiccio di armi, nonché tentativi di moltiplicare le basi militari. La guerra è la manifestazione più totalizzante della violenza patriarcale, per questo, e più che mai, siamo al fianco del popolo palestinese. Non ci sono margini di ambiguità in questa storia di colonialismo, razzismo e violenza, tesa a cancellare il territorio palestinese e, soprattutto, il suo popolo».

 

Tra i primi ad accorgersi delle reali motivazioni di questa manifestazione è il leader di Azione Carlo Calenda. Contrariamente a quanto deciso inizialmente, non parteciperà al corteo. Lo annuncia con un tweet su X: «Questa non è la piattaforma di una manifestazione contro la violenza sulle donne e per una società meno maschilista e più equa. Questa è la piattaforma di un collettivo di estrema sinistra anti-israeliano e filo Hamas (notoriamente sostenitore dei diritti delle donne). Sorvolo sui restanti deliri veteromarxisti. Decine di migliaia di persone, tra cui tutta la mia famiglia dai nonni ai bambini, si preparavano ad andare ad una manifestazione che credevano organizzata per ragioni diverse. Strumentalizzare così un grande moto spontaneo di solidarietà e vicinanza alla causa femminista, non è giusto e non è corretto». Anche Italia Viva non sarà presente. Lo fa sapere Maria Elena Boschi: «La battaglia contro la violenza sulle donne dovrebbe unire tutte e tutti, ma purtroppo domani (oggi, ndr) ci vedrà divise a causa delle parole deliranti su Israele scelte dalla piattaforma della manifestazione di Roma. Mi sarei aspettata una condanna ferma della violenza perpetrata sulle donne israeliane il 7 ottobre e invece non una parola. Condivido le riflessioni di Mara Carfagna non possono esserci stupri di serie A e di serie B. Per questo noi di Italia Viva non saremo in piazza a Roma».

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