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Ue, Germania e Francia sorde sui migranti. Salvini: "Difendiamo i confini con ogni mezzo"

Dario Martini
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Giorgia Meloni incontra il primo ministro ungherese Viktor Orban e lancia un messaggio chiaro alla Ue: l’esodo di migranti dall’Africa non è un problema italiano, ma dell’intero continente. E non può che essere affrontato insieme. «Ci troviamo di fronte ad una sfida comune, che riguarda tutti», dice il premier. Dunque, cosa bisogna fare? Per prima cosa, «rafforzare i rimpatri di chi non ha diritto di stare in Europa». La risposta di Bruxelles non si fa attendere: «Siamo molto consapevoli della situazione, la presidente Ursula von der Leyen è in stretto contatto con il premier Meloni», replica la portavoce Anitta Hipper. L’imbarazzo è evidente, soprattutto dopo le mosse di Francia e Germania che hanno voltato le spalle alla tanto decantata solidarietà europea. Parigi ha inviato rinforzi alla frontiera con Ventimiglia, mentre Berlino ha sospeso la redistribuzione di migranti. Servono risposte forti, Matteo Salvini lo dice chiaramente: «È chiaro ed evidente che c’è una regia criminale dietro agli sbarchi - dice da Caltanisetta, in occasione della prima festa della Lega sull’isola (oggi a Palermo per un’altra udienza del processo Open Arms) - È qualcosa di organizzato i cui proventi economici finiscono alla mala vita per comprarci armi e droga. E io i trafficanti di uomini, armi e droga li combatto con ogni mezzo. E visto che l’Europa è completamente assente, lontana, distratta, ignorante e sorda dovremo muoverci per conto nostro e difendere le frontiere per conto nostro perché Lampedusa e l’intera Sicilia non possono accogliere mezzo continente africano».

 

Dal vicepremier arriva anche un commento sulla strategia messa in campo dal presidente del Consiglio: «Giorgia Meloni finora ha fatto un lavoro eccezionale a livello internazionale, andando ovunque e raccogliendo consensi da tutti. Se nei fatti a Bruxelles, Berlino e Parigi si girano dall’altra parte, dobbiamo prenderne atto, e difendere i nostri uomini le nostre donne e le frontiere con ogni mezzo necessario che la democrazia prevede». A proposito della Germania, Salvini svela un particolare interessante: «Ci sono istituzioni tedesche che danno milioni di euro a Ong tedesche per portare migranti in Italia». Tra l’altro, delle 22 Ong attive tra il nostro Paese e il Nord Africa ben 12 battono bandiera tedesca.

Sul fronte diplomatico, si nuove anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che al termine di una telefonata con la commissaria Ylva Joahnsson ha sottolineato «la necessità di una nuova strategia europea e di rimpatri direttamente dalla Tunisia». Il clima con il Paese governato da Kais Saied è particolarmente teso. In base al memorandum sottoscritto a luglio, la Ue avrebbe dovuto stanziare 150 milioni in favore di Tunisi, insieme ad altri 105 milioni da destinare specificatamente alla lotta agli scafisti. Saied non ha ancora visto un euro. La conseguenza è lampante: la guardia nazionale continua ad avere a disposizione mezzi insufficienti (oltre alla scarsa volontà) per contenere le partenze dei migranti. Non mancano neppure le ritorsioni. Ieri la Tunisia ha respinto una delegazione dell’Europarlamento.

 

Il divieto d’ingresso nel Paese è stato recapitato a cinque eurodeputati della Commissione Affari esteri (Afet): Michael Gahler (Ppe, Germania), Dietmar Koster (S&d, Germania), Salima Yenbou (Renew, Francia), Mounir Satouri (Verdi/Ale, Francia) ed Emmanuel Maurel (La Sinistra, Francia). Nell’aprile dello scorso un’altra delegazione dell’Afet aveva fatto visita a Tunisi, denunciando il «regresso politico in Tunisia sugli standard democratici e sui diritti umani». Un’invasione di campo poco apprezzata dal governo di Saied. La sinistra europea è subito insorta. Secondo l’eurodeputata del Pd, Pina Picierno, è un fatto «molto grave», per cui «occorre sospendere immediatamente il trattato». Furiosa anche la leader del Gruppo S&D Iratxe García che, ugualmente, chiede la rescissione del memorandum. Come dire, buttiamo tutto all’aria e lasciamo che la Tunisia se la sbrighi da sola. Senza poi, però, proporre una soluzione alternativa.

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