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L'Ue si accorge dell'invasione delle auto elettriche cinesi

Luigi Frasca
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 La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha scoperto che «i mercati globali sono inondati con auto elettriche cinesi a basso costo» e che «il loro prezzo è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi di Stato» e questo «sta distorcendo i nostri mercati» una stortura che «non possiamo accettare dall’interno e non lo possiamo accettare dall’esterno». Come si suol dire: meglio tardi che mai. «La Lega denuncia questo rischio da anni, l’Europa si sveglia adesso» ha dichiarato il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini che ha aggiunto «distratti, incompetenti o complici?». Per capire che la Cina detiene il monopolio nella produzione di batterie per veicoli elettrici non ci voleva uno studio e di conseguenza non era richiesto un grande sforzo logico per comprendere come l’accelerazione europea nell’adozione di veicoli elettrici avrebbe consegnato il mercato europeo delle auto direttamente nella bocca del dragone. Esattamente quello che sosteneva la Lega e gli altri partiti di maggioranza per evidenziare come le misure contenute nel «Green Deal» fossero controproducenti per il Vecchio continente. Non a caso la proposta del governo italiano è di puntare all’idrogeno come fonte di energia alternativa a quella fossile.

È bene chiarire come la lotta all’abbattimento delle emissioni sia giusta e necessaria, ma ha senso portarla avanti a costo di abbattere l’industria europea? Soprattutto se pensiamo al fatto che i maggiori produttori di emissione sono Cina e Stati Uniti che, tra l’altro, non figurano tra i Paesi che hanno aderito al Protocollo di Kyoto che si prefigge come obiettivo la riduzione dei gas serra. Quindi mentre l’Europa, tra i minori produttori di Co2, con i suoi 448 milioni di abitanti corre per raggiungere quota zero in termini di emissioni, un Paese come gli Stati Uniti, da 330 milioni di abitanti, e la Cina, con 1 miliardo e 400 milioni di abitanti, continuano a inquinare tranquillamente. Se però da una parte la Commissione europea ha fatto dietrofront sulle auto elettriche proprio ieri all’Europarlamento è passato con 363 voti a favore, 226 contro e 46 astensioni, la direttiva sulla qualità dell’aria. I deputati hanno fissato valori limite e obiettivi più rigorosi (da raggiungere entro il 2035), rispetto alla proposta della Commissione, per diversi inquinanti, tra cui particolato (PM2.5, PM10), NO2 (anidride carbonica), SO2 (anidride solforosa) e O3 (ozono). Le nuove regole mirano a garantire che la qualità dell’aria nell’UE non sia dannosa per la salute umana, gli ecosistemi e la biodiversità e ad allineare le regole UE con le più recenti linee guida per la qualità dell’aria. Come sempre l’intento è più che nobile il problema sono le misure adottate. Come ha spiegato Elisabetta Gardini, deputato FdI e Presidente della delegazione italiana al Consiglio d’Europa: «Gli obiettivi fissati sono un esercizio teorico che non considera la realtà e gli impatti per le nostre imprese le quali, seppur sempre più impegnate nella riduzione degli impatti ambientali, rischiano di finire asfissiate dai lacci e lacciuoli normativi». 

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