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Mafia, confermato l'ergastolo a Messina Denaro per le stragi del 1992

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La corte d’assise d’Appello di Caltanissetta ha confermato la condanna all’ergastolo per Matteo Messina Denaro, considerato uno dei mandanti delle stragi del 1992 in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La corte presieduta da Maria Carmela Giannazzo dopo cinque ore di camera di consiglio ha emesso la sentenza nel giorno del 31esimo anniversario della strage.

 

 

Ergastolo dal 41 bis. Un processo e una condanna pesanti, ancora più pesanti per Matteo Messina Denaro, perché subiti da detenuto dopo una trentennale latitanza. Sulle stragi del ’92 le indagini non si sono mai fermate e questi 31 anni sono stati costellati, tra ombre e misteri, da diversi processi alla ricerca della verità. Alla sbarra anche il mafioso di Castelvetrano, già condannato per le stragi del ‘Continente’ del 1993, è ritenuto uno dei mandanti degli attentati in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli otto agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Emanuela Loi e Eddie Walter Cosina. Catturato in una clinica di Palermo il 16 gennaio di quest’anno, non si mai presentato in udienza.

 

 

L’ex superlatitante non era mai stato processato per le bombe del ’92. In primo grado è stato condannato all’ergastolo. Il Pg di Caltanissetta, Antonino Patti, aveva chiesto la conferma della sentenza. E a 31 anni dalla strage di via D’Amelio ecco la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta che ha inflitto il carcere a vita. Un processo iniziato quando il pupillo di Totò Riina era ancora latitante e dopo la cattura quella sedia del supercarcere di L’Aquila, dove è detenuto al 41 bis, è rimasta sempre vuota. Secondo la procura di Caltanissetta «la decisione di uccidere i due giudici non fu un fatto isolato, ma ben piazzato al centro di una strategia stragista a cui Matteo Messina Denaro ha partecipato con consapevolezza dando un consenso, una disponibilità totale della propria persona, dei propri uomini, del proprio territorio, delle famiglie trapanesi al piano di Riina che ne fu così rafforzato e che consentì alla follia criminale del capo di Cosa nostra di continuare nel proprio intento: anzi, più che di consenso si potrebbe parlare di totale dedizione alla causa corleonese». Altra stangata per il boss mafioso: un 2023 da incubo per lui dopo anni di impunità.

 

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