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Roma favorita per Expo 2030. gli ispettori Bie: "L'Italia può farcela"

Martina Zanchi
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«Italy can do it». L’Italia, e quindi Roma, che si è candidata a ospitare Expo 2030, «può farcela». L’iniezione di fiducia parte da Dimitri Kerkentzes, segretario generale del «Bureau International des Expositions», al termine dell’ispezione nella Città eterna. Sarà proprio il Bie, di cui fanno parte 171 Stati, che con il voto della plenaria a novembre stabilirà quale metropoli organizzerà l’Esposizione tra sette anni. In corsa ci sono anche la petro-monarchia saudita Riad, la sudcoreana Busan, affiancata dal colosso LG, e l’orgoglio ucraino di Odessa. «Appoggiamo fermamente la loro candidatura», ha sottolineato il presidente del comitato promotore Roma Expo 2030, l’ambasciatore Giampiero Massolo, durante la conferenza stampa che ieri ha chiuso le sei giorni romana del Bie. Non a caso la Città eterna ha ribadito più volte di essere pronta a offrire a Odessa un ruolo da co-protagonista di una Expo italiana.

 

 

 

Nel 2030 la kermesse avrebbe il suo fulcro alla Vela di Calatrava a Tor Vergata (opera «fantastica», l’ha descritta Kerkentzes) e «non ci saranno seconde file - ha precisato Massolo - Tutti i Paesi saranno sullo stesso piano, chi ha grandi mezzi e chi ne ha di meno». In questa fase il compito della delegazione del Bie (composta dal kazako Murager Sauranbayev; da Albina Assis, delegata dell’Angola; dal peruviano Rolando Ruiz Rosas e dallo svedese Per Sjönell) sarà quello di stilare una relazione sulla candidatura di Roma e sulla sua rispondenza ai criteri stabiliti dal Bie. L’analisi poi passerà al comitato esecutivo del Bureau, per decidere se la Capitale potrà o meno accedere alla fase finale, e infine dall’assemblea del 20 giugno. Sarà valutata soprattutto la fattibilità delle opere elencate nel dossier presentato dal comitato promotore. A partire dalla riqualificazione del sito di Calatrava fino alla costruzione di una nuova fermata della metro C. Un investimento di 5,8 miliardi che, secondo le stime dell’università Luiss, per il sistema-Italia si tradurrà in trecentomila posti di lavoro e in un incremento di valore tra i tre e i quattro punti di Pil, pari a circa cinquanta miliardi. E di fronte allo scetticismo della stampa estera sulla capacità italiana di "mettere a terra" i progetti («quale credibilità ha l’Italia - ha domandato il quotidiano francese Le Figaro - che non riesce a spendere i fondi del Pnrr?») il segretario del Bie ha liquidato velocemente la questione. «Abbiamo visto che, non più di otto anni fa, l’Italia ha organizzato una Expo di successo». Ovvero quella di Milano. E d’altra parte, ha aggiunto Massolo, «il ministro Matteo Salvini ha illustrato il nuovo Codice degli appalti che servirà proprio a semplificare le procedure». Neutralizzate anche le polemiche sull’emendamento con cui giovedì il Parlamento europeo ha condannato la presunta «diffusione di retorica anti-diritti, anti-gender e anti-Lgbtq» chiamando in causa leader politici italiani, polacchi e ungheresi. L’Unione, ha risposto Massolo, «ha stigmatizzato esponenti politici, non il governo. La nostra sarà una Expo dei diritti e mi piacerebbe che tutti i Paesi europei, su questa materia, avessero la stessa coerenza». Dal Campidoglio intanto traspare l’ottimismo del sindaco, Roberto Gualtieri, secondo il quale «la visita è stata un successo. Il nostro progetto è stato apprezzato e sono stati colti i nostri punti di forza». Tra questi, forse il più rilevante è l’allineamento delle istituzioni e della società civile italiana sulla candidatura di Roma. Un sostegno che in Europa, invece, sembra non essere unanime. «Abbiamo constatato con dispiacere che qui e là è andato altrove» ha confermato l’ambasciatore Massolo, ricordando tuttavia che nella corsa a Expo l’Italia ha l’appoggio ufficiale dell’Ue. «Spero - è la chiosa - che chi ora dà la propria preferenza ad altri possa ricredersi».
 

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