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Cutro, la denuncia dei migranti superstiti: gli scafisti non ci hanno fatto chiamare i soccorsi

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Sulla dinamica della tragedia al largo delle coste di Cutro inizia a emergere la verità. A parlare sono gli stessi superstiti del naufragio, secondo i quali gli scafisti non hanno permesso di chiamare i soccorsi. «Appena giunta vicino alla spiaggia italiana, nel tardo pomeriggio del 25 febbraio, uno scafista turco ci ha detto che eravamo giunti in Italia e che potevamo salire sopra coperta per pochi minuti. Abbiamo fatto pure un piccolo video inneggiando alla fine del viaggio anche se non riuscivamo a vedere la costa. Nonostante ciò l’imbarcazione spegneva il motore senza pertanto navigare verso costa. In quel momento» uno dei due scafisti «faceva dei video con il proprio telefono cellulare inneggiando a un trafficante asserendo che i suoi migranti erano giunti in Italia». Inizia così il racconto di un’altra superstite del naufragio dello scorso 26 febbraio, ascoltata lo scorso primo marzo dagli investigatori che indagano sulla tragedia, coordinati dalla Procura di Crotone.

 

 

 

I superstiti sono stati sentiti, come apprende l’Adnkronos, lo scorso primo marzo. «Avete chiesto perché l’imbarcazione non raggiungeva la costa?», chiede l’inquirente alla donna. Risposta: «Lo abbiamo chiesto ma questi non rispondevano. Intanto il mare diveniva sempre più agitato e uno degli scafisti turchi ci mostrava una mappa sul cellulare cercando di tranquillizzarci e dicendoci che eravamo ormai vicini all’Italia». «Nonostante ciò noi migranti ci stavamo un po' agitando perché non comprendevamo il motivo per cui si stava esitando a raggiungere la costa - prosegue la superstite - Peraltro noi non potevamo nemmeno telefonare ai soccorsi perché i membri dell’equipaggio erano dotati di un sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche. Gli scafisti, invece, erano dotati di una ricetrasmittente satellitare ma non chiamavano i soccorsi, peraltro gli scafisti avevano anche invertito la rotta allontanandosi». In questa fase gli scafisti «scendevano sottocoperta a dirci di non denunciarli alla Polizia in caso di controllo ma di riferire che erano migranti come noi».

«Dopo 5 giorni di navigazione sapevamo di essere in prossimità delle coste italiane, quando ho sentito un forte rumore e da una falla nello scafo, abbiamo cominciato a imbarcare acqua. Il livello dell’acqua sottocoperta è salito molto rapidamente generando il caos a bordo. Ho visto i membri dell’equipaggio vicino intenti a contattare telefonicamente qualcuno». A raccontarlo è un altro superstite, come si legge nel verbale del primo marzo visionato dall’Adnkronos. 

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