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Inchiesta Bergamo, la consulenza di Crisanti: "Governo sapeva ma non agì subito"

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"Sono stato imparziale, e questo non dipende da quel che penso ma da se agisco in modo integro. La fuga di notizie su questo caso dimostra che la mia perizia non ha guardato in faccia a nessuno". Così in un'intervista a La Stampa Andrea Crisanti, 68 anni, che come professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova ha firmato la perizia per la Procura di Bergamo sulla zona rossa. Nelle 83 pagine che l'esperto ha scritto come consulente della Procura di Bergamo - che ha indagato 17 persone per epidemia colposa da Covid-19, tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera - sostiene che il piano pandemico nazionale era fermo al 2006 ma benché datato conteneva indicazioni dettagliate su come affrontare una malattia a diffusione respiratoria.

"Quello che la Procura mi ha autorizzato a raccontare è che sono emerse delle criticità di rilevanza minore rispetto al ruolo del pronto soccorso di Alzano Lombardo come amplificatore dell'epidemia. Problemi invece più consistenti ci sono stati sull'attivazione del piano pandemico e sulla tempistica dell'implementazione della zona rossa", spiega Crisanti. E riguardo il piano pandemico afferma: "L'Italia aveva un piano pandemico con forza di legge che prevedeva determinate decisioni in caso di emergenza. La Procura evidentemente ha deciso che non è stato eseguito. Io ho dimostrato che un piano esisteva e che c'erano una modalità di attuazione e degli organi preposti a questo".

Quello che emerge dalle indagini della Procura è che la "zona rossa' in Val Seriana e ad Alzano Lombardo e Nembro a fine febbraio 2020 e l'attuazione del piano pandemico - sebbene non aggiornato - avrebbe risparmiato la vita a oltre 4mila persone e si sarebbe evitata "la diffusione incontrollata" del virus. Dopo tre anni i pm hanno chiuso la "madre" di tutte le inchieste giudiziarie sul Covid. Novantanove le persone offese - parenti delle vittime - 19 gli indagati con tutti i nomi-chiave della gestione pandemica: gli ex presidente del consiglio e ministro della Sanità, Giuseppe Conte e Roberto Speranza (per i quali si procede separatamente davanti al tribunale dei Ministri), il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, l'allora assessore Giulio Gallera, i membri del Comitato tecnico scientifico (Cts), gli allora vertici di protezione civile, sanità italiana, lombarda e bergamasca. Sono accusati a vario titolo di epidemia colposa, omicidio colposo, abuso e rifiuto d'atti d'ufficio, falso ideologico e materiale, lesioni.

La mancanza di un piano pandemico, le difficoltà nel reperire mascherine e dispositivi di protezione già note otto giorni prima del “paziente 0”, un allarme sulla progressione del contagio e le catastrofiche conseguenze sottovalutato o ignorato per via dei "politici, economici e sociali" della zona rossa. È tutto scritto nero su bianco nella consulenza di Crisanti.

 

 

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