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Vaccino Covid, pochi anticorpi per chi è sposato. Lo studio dell'università la Sapienza

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Alessandra Zavatta
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Chi è sposato, ha figli, è malato cuore e, soprattutto, è uomo ha un'immunità più bassa dopo il vaccino contro il Covid. Chi, invece, è giovane, donna e single è più protetto. A fare l'insolita scoperta sono stati i medici del policlinico Umberto I che hanno appena pubblicato la ricerca «Serological reponse and relationship with gender-sensitive variable among healthcare workers after Sars Cov-2 vaccination».

Il team guidato da Roberto Cangemi, del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione dell'Università La sapienza, ha reclutato 2.065 partecipanti: 1.307 donne e 758 uomini. Medici, infermieri, portantini, impiegati del policlino e studenti dell'ateneo romano. A tutti era stato somministrato il siero anti-Covid di Pfizet-BioNTech. Inoltre 128 erano già guariti dall'infezione prodotta dalla Sars. E a tutti sono stati effettuati prelievi di sangue per valutare la presenza di anticorpi IgG.

 

Quello romano è il primo studio al mondo che, da questo punto di vista, tiene conto non soltanto dell'età, del sesso e di eventuali precedenti malattie nei partecipanti ma anche dello status sociale. I volontari sono stati suddivisi in gruppi a seconda che fossero sposati, con figli, single oppure conviventi senza prole.

È stata valutata anche la differenza tra persone con titolo di studio universitario, diploma di scuola superiore e licenza media. E sono stati inseriti pure i «vizi»: fumo, alcool, abitudini alimentari. Ed è saltato fuori che lo stile di vita incide (eccome!) sulla risposta al vaccino. «Il 99% - riporta la ricerca - ha prodotto anticorpi alla proteina S della Sars nonostante il calo della concentrazione di IgG di quattro volte in quattro mesi». Il 33%, cioè i giovani, le donne e coloro che erano già stati contagiati dal Covid hanno avuto una risposta fortissima, oltre il limite superiore del livello che poteva essere misurato. Così come le persone non sposate e senza figli e quelle più istruite.

 

Al contrario «i fumatori, gli ipertesi, chi è affetto da malattie autoimmuni, ha la concentrazione più bassa». Stessi risultati per i partecipanti coniugati con figli. La riduzione degli anticorpi in queste categorie oscilla tra il 62% e l'82% dopo cinque mesi. Con la decrescita maggiore negli uomini meno giovani, con famiglia e di istruzione di livello più basso. A fare la differenza è comunque l'avvenuta guarigione dall'infezione. «Il più importante parametro clinico che sembra influenzare la concentrazione di anticorpi - riporta lo studio-è la precedente infezione (documentata dalla positività agli anticorpi al nucleocapside di Sars Cov 2)». I guariti hanno otto volte le difese dei vaccinati e «la precedente infezione è associata con una più lunga persistenza delle difese immunitarie». 

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